Chi siamo? Rispondono i delegati al Congresso di Varese

Chi sono, che pensano i soci UAAR, o quantomeno i delegati al Congresso UAAR di Varese? Un loro breve profilo emerge dalle 42 risposte ad un questionario distribuito in occasione del congresso di Varese.
In quanto alla provenienza, 92 delegati provengono dell’Italia settentrionale, 35 dalla centrale e solo 12 dalla meridionale. Circa tre quarti maschi (101 contro 35). Circa un terzo (42) nati negli anni ’50, e solo 26 dopo il 1970, con una età media di quasi 50 anni (la mediana è risultata di 47 anni). Circa la metà (61) coniugati, meno di un terzo (39) single o mai sposati. Metà (67) non hanno figli, e solo 4 ne hanno tre. Circa la metà (72) laureati. Circa la metà (72) provenienti da città con più di 100.000 abitanti. In maggioranza discretamente soddisfatti della propria vita.
In larga maggioranza (111 su 139) i delegati si dichiarano eterosessuali; ma ben il 20% indica una diversa scelta sessuale. La stragrande maggioranza ha un orientamento politico di sinistra. Solo il 20% (27) è comunque iscritto ad un partito politico, e più della metà (70) ritiene la politica il principale antagonista dell’UAAR.
Riguardo ai rapporti con la religione, più della metà (79) ha avuto o ha genitori entrambi credenti e meno del 20% (26) entrambi non credenti. Nel caso che il genitore credente sia uno solo, si tratta pressoché sempre (31 contro 2) della madre.
Dal questionario emerge una evidente discrepanza (che meriterebbe un approfondimento, su più larga scala) fra credenza e pratica religiosa nei loro genitori. Infatti, curiosamente, nel caso di famiglie con un solo genitore credente, quest’ultimo è sempre definito come anche praticante (31 su 31 per la madre, 2 su 2 per il padre); se invece i genitori sono entrambi credenti, solo nel 35% dei casi (27 su 79) essi vengono definiti praticanti. Che anche nelle famiglie apparentemente più credenti la religiosità sia in realtà piuttosto blanda, lo confermerebbe il fatto che solo il 25% dei delegati (36) ha ricevuto una educazione religiosa “completa e convinta”. Da notare che solo 17 delegati dichiarano al contrario di non avere ricevuto alcuna educazione religiosa.
Più della metà dei delegati (80) ha smesso di credere in Dio prima dei 18 anni, ed addirittura quasi un terzo (41) prima dei 15 anni. Nonostante ciò ben 23 (sui 61 coniugati) hanno contratto un matrimonio religioso, ed una ventina hanno ricevuto altri sacramenti anche dopo avere smesso di credere in Dio.
Coerentemente con il proprio ateismo ben 91 delegati (67%) si sono già sbattezzati e solo 9 non hanno intenzione di farlo. Fra chi ha avuto figli, meno della metà ne ha fatto battezzare almeno uno (33 su 71).
Solo 79 delegati (56%) si dichiarano esplicitamente atei; gli altri preferiscono definirsi altrimenti (ad esempio: non credente, razionalista, agnostico).
In quanto alla propria adesione all’UAAR, più della metà si sono iscritti principalmente per lottare per la laicità delle istituzioni, quasi sempre meno di un anno dopo avere conosciuto l’UAAR (e per quasi la metà di questi ultimi dopo solo un mese), e sono divenuti quasi subito attivisti dell’associazione, alla quale dedicano (nel 40% dei casi) almeno un’ora al giorno (impegnandosi nel frattempo anche in altre associazioni laiche o di volontariato).
Il ritratto complessivo del delegato medio è quello di una persona in età matura, proveniente da una famiglia spesso credente, ma scarsamente praticante e poco impegnata nell’educazione religiosa dei figli; politicamente orientata a sinistra; che ha abbandonato la religione da adolescente o poco più; che pur dichiarandosi atea non ha saputo rompere del tutto (in particolare se coniugato) con certe tradizioni oramai più sociali che religiose (il matrimonio in chiesa, il battesimo dei figli); molto attiva sul piano associativo e nel sociale.

Francesco D’Alpa

Pubblicato su: "L'Ateo" n. 73 (1/2011)