“Tante scuse Darwin”, fra riserve e ipocrisia
“Charles Darwin, a duecento anni dalla tua nascita la Chiesa d’Inghilterra si scusa con te per non averti capito, reagendo inizialmente in modo sbagliato, ed incoraggiando altri a non capirti. Ma la battaglia per la tua reputazione non è ancora finita ed il problema non sono i tuoi oppositori religiosi ma coloro che falsamente ti chiamano in causa per sostenere i loro personali interessi"
Così, a 150 anni dalla pubblicazione di ‘L’origine delle specie’, la chiesa inglese, per voce del suo eminente esponente reverendo Malcolm Brown, ritiene di chiudere (con qualche ammenda, ma anche con nuove censure) la polemica cristiana con Darwin ed i suoi primi ferventi sostenitori.
Secondo Brown ‘una buona religione richiede una buona scienza’, e va riconosciuto che Darwin ha seguito un ottimo metodo scientifico, cercando, senza paura, di conoscere la verità su come funziona il mondo. Ma un gruppo mal circoscrivibile di suoi seguaci avrebbe poi sviluppato (e corrotto) la sua teoria, generando un darwinismo ‘ideologico’ che va ben oltre le idee e le intenzioni originarie, divenendo teoria erroneamente onnicomprensiva, utilizzata a sproposito nel trattare tutta la realtà materiale, e quanto mai dannosa in ambito sociale e morale.
Per quanto ciò non giustifichi (a posteriori) gli attacchi iniziali a Darwin da parte della chiesa, è importante tenerlo presente prima di decidere se a suo tempo fosse più ragionevole la posizione di Samuel Wilberforce, il vescovo di Oxford che stroncò alle basi la teoria, o quella di Thomas Huxley, il maggiore sostenitore di Darwin. Secondo Brown i cristiani certamente sbagliarono nel rigettare gli aspetti scientifici della teoria, ma ebbero una buona percezione di quali ne fossero i lati oscuri e le quasi inevitabili ricadute.
Per i creazionisti le teorie di Darwin (secondo Daniel Dennett “la singola migliore idea che si sia mai avuta”) sembravano risuonare ai suoi tempi come rintocchi di campane a morto per le ‘sacre scritture’, e l’idea di una evoluzione continua a partire da specie inferiori spalancava le porte all’ateismo. In realtà, secondo Brown, Darwin sarebbe stato piuttosto influenzato, per la maggior parte della sua vita, dall’ambiente cristiano che lo circondava: educato in una scuola religiosa e spronato agli studi scientifici da un religioso, aveva anche sposato una fervente credente. Ma la sua necessità ‘umana’ di provare scientificamente ogni cosa lo avrebbe portato ad una progressiva e completa perdita della fede (Darwin in sostanza avrebbe ‘peccato’ nell’anteporre la ragione umana alla fede). Brown finge così di ignorare (o per lo meno sottostima) tutto quanto ha scritto Darwin nella sua autobiografia per illustrare le solide motivazioni scientifiche che lo portarono a rigettare con piena convinzione i fondamenti della fede.
Ma veniamo alle argomentazioni chiave di Brown: (a) le scoperte di Darwin sarebbero state male applicate dai suoi epigoni, fino alla giustificazione del razzismo e di altre forme di discriminazione, laddove invece la chiesa insiste sulla capacità di amore, d’altruismo e di auto-sacrificio dell’uomo; forse la chiesa aveva previsto questi esiti e da ciò era derivata la sua iniziale scomposta reazione; (b) gli aspetti biologici e quelli spirituali vanno chiaramente distinti: se l’evoluzione è un principio assoluto, anche l’uomo avrebbe dovuto evolversi ulteriormente; ed invece, allo sviluppo della tecnica non si è affiancato alcun costante progresso morale; (c) è essenziale che vi sia un sano equilibrio fra i misteri della fede e lo stupore per le scoperte scientifiche; non si può dubitare che Cristo guidi ancora alla verità attraverso il lavoro degli scienziati, e che molti scienziati siano motivati nel loro lavoro dalla percezione della profonda bellezza del creato; dunque la scienza non può che rimandare al Dio predicato dal cristianesimo.
Come giustifica Brown gli errori della chiesa nell’approccio iniziale all’evoluzionismo? Innanzitutto con il fatto che essa è composta da uomini, che possono anch’essi sbagliare; poi con l’istintiva reazione che si mette in moto ogni qual volta una nuova idea sembra contraddire alle fondamenta le credenze tradizionali: lo stesso errore in cui si incorse con Galileo.
Secondo Brown, il darwinismo si deve liberare dai suoi eccessivi entusiasmi, così come la chiesa ha dovuto rinunciare alla difesa estrema di un creazionismo letterale. In fondo la ricerca scientifica non è contraria allo spirito del cristianesimo, che invita a cercare i segni dell’opera di dio in ogni cosa. È necessario conciliare l’opera di Darwin con la fede cristiana, evitando tanto di rigettarla in blocco quanto di elevarla a spiegazione universale, riducendo l’uomo al semplice risultato di un processo materiale.
Qual è in fondo il nodo delle controversie fra evoluzionisti e creazionisti? Non certo il metodo; piuttosto la contestazione dell’ipotesi che Dio abbia creato gli esseri umani come un genere radicalmente differente da tutto il restante mondo animale. Ciò sembra a prima vista assolutamente offensivo per i credenti, laddove si consideri che Dio stesso si è incarnato in una forma umana; ma, riflettendoci su pacatamente, l’evoluzionismo non è poi un’idea così malvagia; e non è detto che oggi non la si possa accettare (almeno in parte) razionalmente. D’altra parte la Bibbia contiene tutto ciò che serve alla nostra salvezza, ma non è un compendio scientifico.
All’epoca di Darwin, secondo la ricostruzione di Brown, la chiesa inglese era in ansie, fortemente preoccupata per l’attacco al suo potere (percepito come attacco a Dio stesso) da parte di molti gruppi sociali, in particolare i ‘liberi pensatori’ (così come oggi da parte degli islamici, degli atei etc..). Occorre dunque discernere accuratamente fra ciò che era realmente (ed è tuttora) un attacco alla chiesa e ciò che invece è compatibile con la conoscenza di Dio; fra vera scienza che rimanda a Dio e ‘parodia della scienza’ che porta al degrado. Purtroppo molte realtà cristiane hanno sposato un antievoluzionismo che in realtà maschera conflitti culturali e disagi di ben diversa natura.
Secondo Brown l’uomo riconosce l’altro come ‘persona’, non solo come corpo; e questo lo connota profondamente. La sua ‘capacità di amare’, che lo porta perfino ad agire contro i propri interessi personali, può essere spiegata, adoperando il modello darwiniano, come strategia vincente nell’adattamento all’ambiente; ma il riduzionismo dei pseudo-darwinisti, che celebra il potere ed il dominio, non solo mistifica le idee di Darwin, ma contribuisce al declino umano, vanificando ciò che in natura ci ha avvantaggiato. Piuttosto, il darwinismo dovrebbe spingerci a potenziare la nostra umanità. È essenziale che le teorie di Darwin escano dalle agende politiche ed ideologiche, dove rischiano di essere adoperate in modo imprevedibile (ma proprio la Bibbia, controbattiamo, è stata sempre ben presente nelle agende politiche ed ideologiche, con tutte le sua assurdità ed intolleranze!).
Ed ancora, l’accento posto dal cristianesimo sulla capacità dell’uomo di riflettere, di immaginare e di ragionare sulla realtà non contraddirebbe i principi dell’evoluzionismo, in quanto gli animali posseggono queste capacità solo in modo rudimentale (dunque Brown ammette, oggi, quelle qualità spirituali, ovvero dell’anima ‘razionale’, degli animali che duemila anni di cristianesimo hanno sempre negato, in nome della presunta ‘immagine e somiglianza’ a Dio del solo uomo?).
La difesa di Brown potrebbe anche convincere qualcuno. Ma il problema (per i cristiani) è che quanto sosteneva Darwin è in realtà assolutamente incompatibile non solo con Genesi ma con tutta la religione cristiana. Pensiamo ad esempio alla dottrina del peccato originale, che è il sottaciuto punto chiave dello scontro fra Bibbia ed Evoluzionismo. Il racconto biblico, rivisitato in una prospettiva evoluzionista concordista, presuppone inequivocabilmente una ‘fissità’ della creazione almeno dopo questo momento (cioè dopo l’inizio della storia narrata).
La stampa inglese ha ironicamente commentato che la chiesa dovrebbe piuttosto scusarsi proprio per il suo imbarazzo nel considerare di chiedere scusa a Darwin; imbarazzo che non si coglie per nulla nelle sue dichiarazioni. Se nell’evoluzionismo non c’è nulla che contraddica gli insegnamenti cristiani, perchè allora, Darwin esitò tanto nel parlarne in pubblico, e perchè la chiesa lo ha combattuto aspramente per oltre un secolo? La reazione alle idee di Darwin non fu semplicemente emotiva, come sostiene Brown: l’evoluzionismo fu infatti contestato in toto, razionalmente e su solide basi teologiche; ed è difficile oggi non riconoscere nelle argomentazioni di ieri lo stigma di una concezione metafisica dell’uomo radicalmente erronea. Darwin era profondamente convinto che la credenza in un dio creatore e l’evidenza di una selezione naturale fossero due idee incompatibili (ma anche che la credenza nei miracoli fosse insana e che la dottrina cristiana fosse immorale); e coerentemente abbandonò progressivamente la religione anglicana. Secondo Brown, i cristiani si sono sentiti offesi proprio dall’affermazione che Dio non ha nulla a che vedere con la creazione di nessuna specie vivente.
Brown ritiene necessarie le scuse della sua chiesa, anche se tardive. Ma agli spiriti critici questo sembra solo un modo come un altro per spostare i termini del confronto, per distinguersi dai fondamentalisti del ‘disegno intelligente’ lasciando comunque invariata (sotto mentite spoglie) l’avversione alla teoria evolutiva nella sua interezza. Si tratterebbe in sostanza di un maldestro tentativo della chiesa anglicana di riacquistare credibilità, mistificando un riavvicinamento fra evoluzionismo e creazionismo che non esiste né può esistere, essendo totalmente inconciliabili l’immaginaria dottrina della creazione ed una spiegazione naturalistica saldamente fondata sui fatti osservati.
La sortita di Brown, già non gradita ad altri esponenti della chiesa anglicana, è stata quasi del tutto ignorata (almeno ufficialmente) dal clero italiano, al quale queste ‘scuse’ sono apparse ingiustificate: infatti, come sostiene ad esempio mons. Ravasi, la chiesa cattolica non avrebbe mai condannato l’evoluzionismo in sè, nè messo all’indice l’opera di Darwin; e Pio XII (ma solo dopo un secolo!, sottolineiamo noi) avrebbe definito l’evoluzione qualcosa di più che un’ipotesi. Perchè dunque chiedere scusa? La Santa Sede (superate le contrapposizioni rigide del passato, da una parte e dall’altra) starebbe persino guardando avanti, rivolgendosi ad un mondo scientifico che, “a parte alcune frange fortemente ideologizzate, che sbeffeggiano chi si ostina nella fede come fosse un relitto del paleolitico, sembra essere pronto ad accettare che non basta l’approccio empirico per dare conto della realtà”. Fra l’altro, sempre secondo Ravasi, oggi la chiesa intende perseguire "una lotta sistematica all'arroganza", ovviamente del mondo scientifico (ma da che parte, replichiamo noi, è sempre stata l’arroganza?).
Ravasi finge, come tanti, di ignorare i pochi fondamentali pronunciamenti magisteriali in tema, che vanno in senso assolutamente opposto. Come definire altrimenti la ostinata difesa della interpretazione letterale di ‘Genesi’ per almeno un cinquantennio dopo Darwin, per poi ignorare opportunisticamente la questione?
Ma non solo, giacchè la ‘Chiesa Cattolica’ è costituita soprattutto da un esercito di clericali che nella loro catechesi hanno sempre attaccato Darwin, sentenziando costantemente che l’evoluzionismo è incompatibile con il racconto biblico, e che non si può pretendere di elevarlo a vero e proprio dogma.
In effetti, una volta diffusa e sempre meglio validata la sua teoria in seno alla comunità scientifica, difficilmente Darwin avrebbe potuto essere condannato chiaramente e totalmente con una enciclica, a pena di un grave (e perdente) conflitto con le scienze naturali. Ma una condanna esplicita colpì invece l’opera di Teilhard de Chardin, il gesuita che peraltro ipotizzava un trasformismo assai mitigato e prossimo al disegno intelligente.
L’affermazione attuale del cardinale Ravasi (che per inciso giudica ‘approssimativa’ certa ricerca scientifica), secondo il quale “non c’è incompatibilità a priori fra le teorie dell’evoluzionismo e il messaggio della Bibbia e della teologia” è seccamente smentita da un secolo e mezzo di trattatistica cattolica costantemente ostile (a volte ferocemente ed emotivamente; più spesso con articolati argomenti razionali) a ciò che derivava dall’idea di Darwin. Perfino il cardinale Poupard, uno dei redattori dell’ultimo catechismo, ha sempre chiaramente affermato che l’evoluzionismo in senso materialistico è incompatibile con il racconto biblico della creazione.
Se è vero che, oggi, molti cattolici nostrani sostengono la tesi (senza fondamento) “la chiesa difende l’evoluzionismo-Darwin non nega la creazione”, a quando allora una coerente revisione della teologia e del catechismo, includendovi l’illustrazione delle nostre vere origini?