La notte di Lourdes ed il sonno della ragione

Che «La notte di Lourdes», lo «Speciale di Porta a Porta, a 150 anni dall'apparizione della Madonna di Lourdes», programma in prima serata di Rai 1 dibattesse responsabilmente sul caso Lourdes era certo difficile aspettarselo; ma che la TV di stato si trasformasse in veicolo agiografico ed apologetico al completo servizio della chiesa e senza un minimo di contraddittorio ha certo dell’incredibile. Purtroppo oramai l’andazzo è questo: l’inconsistente fantasia giovanile di una povera pastorella, la pretesa apparizione della mitica ‘Immacolata Concezione’ ha per i responsabili dei palinsesti televisivi un deciso spessore storico, e viene conseguentemente trattata con inusuale riverenza.
Ecco così giustificate le immagini in diretta da Lourdes: le liturgie della sera, il rito della processione con i “flambeaux”, la visita alla grotta-reliquiario dell’apparizione.
Fra un intervento e l’altro degli ospiti in studio, scorrono le immagini del film “Bernadette” di Jean Delannoy del 1988, quotidianamente proiettato a Lourdes in un cinema appositamente costruito, e quelle della Fiction di Rai 1 “Lourdes” di Ludovico Gasparini del 2001.
In studio, en plein di credenti, cui ovviamente piace vincere facile: il conduttore Bruno Vespa; l’arcivescovo emerito di Palermo Salvatore De Giorgi; lo scrittore cattolico Vittorio Messori; il medico oncologo Marco Tampellini, vice presidente dell’Unitalsi; il presentatore Massimo Giletti, spesso a Lourdes come barelliere; la giornalista cattolica Alessandra Borghese; la conduttrice televisiva Lorena Bianchetti, volto-immagine della comunicazione religiosa della Rai. Mentre al giornalista Saverio Gaeta, redattore di Famiglia Cristiana, era stato riservato il compito di preparare la scontata scheda sui miracoli. Di fronte a questo compatto schieramento, il solo Massimo Cacciari, ‘filosofo laico’ in collegamento esterno, dovrebbe sostenere la parte della miscredenza.
Ma la trasmissione è a senso unico. Si comincia con le immagini della immersione rituale di un ammalato in una delle piscine di Lourdes, mentre si recita l’Ave Maria e si invoca l’intercessione di Santa Bernadetta; quindi, in studio, subito l’intervista ad una delle presunte miracolate di Lourdes, Elisa Loi, che il 5 giugno 1958 sarebbe repentinamente guarita da una tubercolosi ossea fistolosa (di cui soffriva da circa undici anni) proprio dopo essere stata avvolta in un lenzuolo bagnato con l’acqua miracolosa in occasione del suo terzo viaggio a Lourdes: guarigione dichiarata inspiegabile dai medici nel 1963 e miracolosa dalla chiesa nel 1965.
E così via. Cacciari si limita a ricordare come i miracoli vengano distinti in teologia rispetto a certi “fenomeni strani” che possono essere invece ricondotti all’ordine naturale. Ma non contesta più di tanto l’ideologia del miracolo. Si dilunga piuttosto sull’aspetto sociologico del fenomeno Lourdes, parlando di fede come contrapposizione al male del mondo; elogiando (laicamente?) quello che a lui sembra il vero miracolo di Lourdes: vivere come Cristo, sperimentando la sua bontà e le sue beatitudini; cose che mancano nella quotidianità.
Sul miracolo fisico (ricordando quelli di Gesù) insiste sostanzialmente il solo De Giorgi, che comunque privilegia anch’egli il ‘miracolo della fede’ che scaturirebbe da Lourdes.
Messori sottolinea invece il ‘significato del dolore’  e la ‘guarigione del cuore’ che si otterrebbe a Lourdes; così come la Bianchetti, richiamando l’ultimo viaggio a Lourds di Giovanni Paolo II, esalta il ‘valore redentivo della sofferenza’.
Sul piano degli accadimenti concreti ci riporta una seconda presunta miracolata, Giuliana Torretta, che sarebbe improvvisamente guarita il 1 giugno  1998, a Lourdes (dopo avere sentito la voce della Madonna che la invitava a camminare), da una forma molto grave di ‘mielite ischemica’, per la quale era paralizzata da circa 20 anni.
Tutti sappiamo come Lourdes sia famosa per i miracoli e visitata per ottenere una guarigione; eppure nessuno fra i malati che si trovano a Lourdes, intervistati, afferma di essere andato li nella speranza di un miracolo; allo stesso modo, le due miracolate presenti in studio, affermano di essere state proprio le prime a non credere in un primo momento a quanto accadutole.
Sembra un incredibile capovolgimento delle posizioni; evidentemente l’assenza di scettici consente un minore appello alle ‘prove’ fisiche.
Assenti i possibili contestatori, la parte della scienza viene impersonata dal solo medico in studio, guarda caso anch’egli credente, anzi adddirittura vice presidente dell’UNITALSI, e che certamente non ha alcun interesse a evidenziare le troppe contraddizioni insite nella teoria del miracolo medico. Egli incanta i presenti con la sua descrizione, supportata da immagini radiologiche ed istologiche, della guarigione da un sarcoma osseo di Vittorio Micheli, uno dei più citati ‘miracolati’ di Lourdes. Quindi erudisce il pubblico citando le “molto strette”  sette regole per il giudizio di miracolo stabilite da Benedetto XIV nel 1750. Ben per lui (ma è tutto studiato ad arte) che nessuno in studio abbia la possibilità di contestare le sue affermazioni, a cominciare proprio dalla semplice considerazione che pressoché mai un miracolo ‘dichiarato’ ha rispettato la maggior parte dei criteri previsti.
Una volta tanto perfino il presunto scettico viene perfino complimentato: Fede sottolinea infatti il rispetto con cui Cacciari si è accostato alla problematica di Lourdes, a differenza dell’atteggiamento di ‘sufficienza’ di molti laici. Ed infatti Cacciari non si sogna minimamente di contestare i miracoli, preferendo disquisire sui segni e sulla ‘esperienza del guarito’.
Cacciari, che si autodefinisce “laico non negligente”  e secondo il quale “è agnosticismo stupido non riconoscere i segni” (ovvero i miracoli), sostiene infatti che “insistere sui segni è superstizione”; dunque non si parli troppo di miracoli medici, a tutto vantaggio della chiesa. Di rimando, Messori apprezza di Cacciari la “attenzione solidale con cui guarda le cose di chiesa”.
Disco verde dunque per i commenti da sacrestia. Per la Borghese, oggi la gente ha ‘sete di sacralità’ (dunque, in sostanza, di mistero ed oscurità); per Rita Coruzzi, una delle malate presenti in studio, a Lourdes si fanno le “prove generali del paradiso”. Per Messori “Lourdes non vuole attirare l’attenzione sul miracolo fisico, ma usare il miracolo fisico come esortazione pressante a vivere quei valori evangelici che permettono di vincere il peccato, che permettono di convertirci”; è “un posto dove in qualche modo il soprannaturale sembra diventare naturale”. Per la Loi “il miracolo è un autografo di Dio”, che ci ricorda come il signore vive ancora oggi fra noi. Infine, con intervento esterno, un religioso fa un’accurata esposizione della “Catechesi dei segni” con cui la Madonna avrebbe istruito Bernadette.
Dulcis in fundo, il soprano Mariella Devia canta in diretta da Ancona l’Ave Maria di Schubert. E Vespa conclude: “Si creda o non si creda, da Lourdes si torna completamente trasformati”. Amen.
Non si poteva assistere a qualcosa di peggio.
Il giorno dopo i giornali sottolineano i dati Auditel, che indicherebbero il notevole apprezzamento per la trasmissione: 5 milioni 494mila telespettatori, pari al 21.52 di share. Ma non lo si creda un indice di qualità. Nella stessa fascia oraria il rivale “Grande fratello” raccoglie 5 milioni 128mila spettatori, con il 22,57% di share. In sostanza, in assenza di valide alternative TeleVaticano e TeleTrash, sacro e profano, parimenti diseducativi, si dividono la scena. Chi vorrebbe qualcosa di serio ed un poco di sana cultura si rassegni. Povera ragione, e povera laicità! L’indomani si dovrebbe ricordare Darwin, ma in RAI (ed in linea di massima sui giornali) si soffre di puntuali amnesie.

Francesco D’Alpa

Pubblicato su: www.uaar.it (15 febbraio 2008)