Le obiezioni da parte della medicina scientifica

La maggior parte dei concetti delle medicine alternative e delle procedure che ne derivano sono un nonsenso, delle vere e proprie credenze (eventualmente a sfondo religioso), quando non rappresentano chiaramente delle frodi. Solo una piccola parte potrebbero essere incorporate, dopo opportuna verifica, nella medicina scientifica.

E molti cultori dell'alternativo, senza alcuna cultura scientifica e senza nessuna specifica preparazione medica, si autodefiniscono "specialisti" in qualcosa, al di fuori di qualunque legittimità giuridica ed etica professionale.

La medicina naturopata non si basa su concetti e su di una mentalità scientifici

Il rifiuto del confronto con la scienza non è caratteristico solo delle medicine alternative, ma di tutte le pseudoscienze. Esiste oggi un diffuso movimento trasversale che in tutto il mondo occidentale si ostina nel contestare il pensiero scientifico ed i suoi prodotti, ritenuti funzionali all'esercizio del potere economico e culturale da parte di élite transnazionali. La delegittimazione della scienza ufficiale parte proprio dalla critica del metodo scientifico in sé e dalla contestazione delle affermazioni di fondo della scienza "convenzionale". Per tale motivo, la mancanza di scientificità nelle medicine alternative non è ritenuta dai suoi cultori un handicap, tutt'altro; essa piuttosto ne rafforzerebbe il valore conoscitivo, in quanto, non imbrigliati nelle maglie dell'artificio in laboratorio, i medici alternativi sarebbero in grado di cogliere meglio l'intima natura dei processi del vivente ed il ruolo fondamentale delle interazioni mente-corpo.

Questo rifiuto a priori della verifica sperimentale, e di un serio confronto con l'insieme delle conoscenze maturate dalle scienze naturali, è gravido di conseguenze. La natura infettiva di molte malattie, ad esempio, continua ad essere ampiamente contestata, e con essa l'utilità e la necessità dei vaccini. All'evidenza epidemiologica i naturopati hanno opposto a lungo semplici opinioni, la convinzione che alla base di tutte le malattie ci siano invece delle cause intrinseche all'organismo, senza poterle mai dimostrare, non solo, ma non sentendo neanche il bisogno di dimostrarle, giacché per loro la prova starebbe nei fatti valutati soggettivamente.

L'onere di un'affermazione "alternativa" spetta, secondo il metodo scientifico, a chi la propone, che deve dimostrarne la validità; non spetta al resto del mondo provare il contrario. Invece, generalmente, nel caso di affermazioni sul naturale e sull'alternativo, il metodo scientifico viene del tutto bypassato, attaccando chi viene ritenuto facente parte di un ottuso "establishment scientifico".

Ma la realtà dei fatti, soprattutto nel caso dei sistemi viventi, non è mai così ovvia come si vuole fare credere; per questo ogni affermazione richiede le necessarie verifiche e il risultato finale di ogni pratica terapeutica deve risultare riproducibile.

Cosa è naturale e cosa no

Nella legislazione della Comunità Europea non viene fatta, opportunamente, alcuna distinzione fra prodotti farmaceutici e/o per la salute "naturali" e prodotti "non naturali". A secondo dell'uso viene utilizzata la sola definizione di prodotto medicinale, che è "qualsiasi sostanza o combinazione di sostanze utilizzate per trattare o prevenire malattie dell'uomo o di animali, somministrate per fare una diagnosi, ristabilire, correggere o modificare funzioni fisiologiche".[1]

Una affermazione comune fra i naturopati è che il corpo assume sostanze naturali incorporandole in processi metabolici "normali" naturali. In realtà è chiaro che non è così: il corpo umano utilizza anche sostanze nocive naturali entro processi abnormi (ad esempio la tossina botulinica che blocca il rilascio dell'acetilcolina o quella del tetano che blocca il rilascio di glicina).

Secondo i naturopati le sostanze organiche non naturali non vengano incorporate nell'organismo, ma si limitano ad interferire con i processi metabolici fisiologici. Una riprova dell'estraneità all'organismo di queste sostanze starebbe nel fatto che i farmaci hanno un'emivita, dunque vengono velocemente eliminati dall'organismo senza essere in alcun modo incorporati in esso. Ma queste convinzioni sono erronee;  in realtà, ad esempio, l'insulina sintetica viene regolarmente utilizzata dall'organismo; sia i farmaci naturali, che quelli non naturali, che le sostanze prodotte dallo stesso organismo sono soggetti ad un decadimento nella loro concentrazione nell'organismo; e d'altra parte gli stessi componenti del corpo, come le cellule epiteliali o quelle ematiche, sono soggetti ad un veloce turnover.

I farmaci trovano nell'organismo dei recettori e dei leganti, che hanno affinità con loro proprio in virtù della propria struttura. Ma le cellule viventi non sono capaci di distinguere se gli elementi (organici o inorganici) che le raggiungono sono di origine naturale o no: ad esempio, se il ferro viene da un piatto di spinaci o da una tavoletta prodotta in laboratorio, giacché l'origine biologica non conferisce alcuna specifica "vitalità", o altre ipotetiche proprietà, ad alcuna sostanza. Per fare un altro esempio, secondo i naturopati gli ioni (calcio, ferro, etc) sono estranei all'organismo, che non li utilizza o assimila, e non verrebbero riconosciuti come antigeni; ma questi elementi sono invece parte integrale di molti coenzimi, intervengono in un gran numero di processi fisiologici, e come molte altre sostanze, naturali o no, non agiscono come antigeni, pur esercitando profonde influenze sul metabolismo.

Il concetto di stato di salute naturale

Una delle accuse mosse più frequentemente alla medicina scientifica è quella di non avere come proprio obiettivo il raggiungimento ed il mantenimento dello "stato di salute" dell'individuo.

Occorre allora precisare cosa si intenda come tale e quale sia effettivamente il fine delle diverse pratiche mediche.

A  lungo si è definito come stato di salute la "normalità funzionale degli organi". Fino a metà novecento circa, essendo la pratica medica dominata dalle malattie infettive, poteva essere considerato sano soprattutto chi non ne era affetto. Conseguentemente, la pratica medica era caratterizzata soprattutto dalla lotta contro le malattie infettive acute e subacute ("strategia dell'emergenza"). Il cambio di scenario avvenuto con la diffusione di antibiotici e vaccini ha portato in seguito ad una netta prevalenza delle patologie cronico-degenerative, e dunque ha posto in primo piano la necessità di una loro adeguata prevenzione  ("strategia della sorveglianza"). Il concetto di salute, grazie al sempre maggiore benessere fisico e psichico (mai giunto, prima di ora, ad un tale livello) si è nel contempo ampliato, fino ad indicare oggi, per alcuni, "non […] solo assenza di malattia, ma anche ricerca del benessere fisico, psicologico e sociale fino al più ampio concetto di qualità della vita [per cui] gli italiani sembrano prediligere una visione edonista ed efficientista della salute: il sentirsi in forma e quindi essere in grado di svolgere le normali attività o il generico sentirsi bene rappresentano l'essenza stessa della salute". In pratica, il concetto di salute si sarebbe nel tempo ampliato, fino ad includere aspetti che sono chiaramente al di fuori degli interessi della medicina pratica, quali la bellezza corporea e l'efficienza fisica; in ultimo, il concetto di salute arriva ad includere anche quella spirituale, cioè il completo benessere fisico, mentale, sessuale, e relazionale dell'uomo nel suo usuale ambiente di vita. Vengono così legittimati dei nuovi bisogni, quali il rispetto per la propria sensibilità e la ricerca di un buon feeling interpersonale sociale, quelle cose cioè che l'utente tradizionalmente non trova nella medicina scientifica ma che si suppongono invece in primo piano nel rapporto terapeuta-paziente con i medici alternativi.

Il concetto di "salute ottimale" o di "alto livello di benessere", promosso dagli alternativi, va infatti oltre il normale sentirsi bene e l'assenza di sintomi patologici. Interpretato in senso promozionale, può in qualche modo essere riassunto in alcune asserzioni: c'è qualche cosa (a) che tu puoi ottenere, (b) che solo chi pratica una certa disciplina ti può dare, (c) che i medici non conoscono e non vogliono conoscere. In pratica, queste affermazioni vengono ampiamente adoperate per promuovere prodotti non necessari, metodi e servizi di dubbia utilità, per raggiungere obiettivi (reali o ipotetici) tradizionalmente non previsti dalla pratica medica.

A queste affermazioni ed aspirazioni si può contestare che per la maggior parte di noi non esiste uno stato di salute ottimale, ma piuttosto uno stato intermedio di assenza di sintomi dal quale possiamo scostarci andando sia verso un maggiore che verso un minore benessere; dunque, la proposizione di una via verso il raggiungimento di un ipotetico ideale stato di salute ottimale non fa che indurre un nuovo bisogno.

È un dato di fatto che le richieste nel campo della salute molto spesso risiedano ad un livello un poco differente rispetto a quello considerato dalla medicina scientifica; sono soprattutto bisogni psicologici e spirituali. Siamo tradizionalmente abituati a soddisfarli con attività sociali, con i rapporti di amicizia e di amore, con la preghiera, con le arti, impegnandoci nel lavoro; ma senza pensare che questo tipo di risposte facciano in alcun modo parte della medicina. In pratica, si finisce per spostare i termini del problema: non più come mantenere la salute e guarire dalle malattie, ma genericamente "come vivere meglio". Ma la medicina pratica non ha nulla a che vedere con questa pretesa dell'uomo moderno.

Il concetto di terapia naturale

Spesso si nota come il problema di stabilire quali siano gli effetti terapeutici di una sostanza e quali i suoi effetti indesiderati, venga dai più bypassato, e si tenda piuttosto a valutare se il prodotto in questione sia "naturale" o no, affermazione su cui si basa gran parte del messaggio pubblicitario sulle medicine alternative. Questo criterio di scelta di un prodotto (se naturale è buono, se artificiale no), nel caso che abbia azione farmacologica, non è per nulla giustificato. Discriminare fra prodotti naturali e artificiali è solo un criterio basato su pregiudizi. Non è dimostrabile che le sostanze di origine naturale abbiano maggiore efficacia terapeutica, o siano meglio tollerate di quelle non esistenti in natura o realizzate sinteticamente.

La somministrazione di integratori alimentari, tipica delle pratiche alternative, non è certamente una pratica naturale. Ciò che è contenuto in questi prodotti, venduti liberamente, non lo è né in dosi né in una forma naturale. Inoltre, nelle confezioni di integratori alimentari sono contenute molto spesso anche sostanze attive farmacologicamente, pur se in quantità inferiori a quelle dotate di un preciso effetto terapeutico. C'è poi una certa contraddizione di fondo nell'uso di questa formulazione industriale del prodotto rispetto alla sua diretta assunzione dal mondo vegetale, che secondo i naturopati dovrebbe essere quello di riferimento per tutte le nostre esigenze alimentari.

Le medicine alternative in genere non sono sempre né "naturali" né "olistiche"

Dal punto di vista sia dei principi generali che delle procedure diagnostiche e terapeutiche, la maggior parte delle medicine alternative sono tutt'altro che naturali; non è certamente naturale la diagnostica iridologica, in quanto nessun animale e nemmeno l'uomo l'ha potuta utilizzare per la maggior parte della sua storia; non sono naturali l'infissione di aghi, la moxibustione, le manovre dei chiropratici o la preparazione dei rimedi nella medicina ayurvedica. Ognuna di queste discipline ha invece alle sue spalle un percorso storico di indagine, più o meno razionale, parimenti a quanto accaduto per la medicina scientifica.

La presunta visione olistica è per certi versi una sorta di paravento, atto a nascondere le inadeguatezze concettuali e la vaghezza terminologica degli approcci alternativi; proprio con un processo opposto, di progressiva messa a fuoco di meccanismi particolari di funzionamento e di alterazione dei processi dell'organismo, la medicina occidentale è riuscita invece a compiere un balzo definitivo in avanti.

Ma anche nell'ambito delle stesse discipline olistiche, è oramai sempre più evidente la tendenza a focalizzare singoli problemi e a scindere il particolare dal generale; solo così si può spiegare la spinta all'automedicazione nel caso patologie minori, che invece, nella visione olistica, esigerebbero, né più né meno che le patologie maggiori, il ricorso ad un terapeuta esperto.

La medicina alternativa non deve essere introdotta nell'insegnamento medico se non ne viene dimostrata l'efficacia

In molti paesi, in particolare quelli anglosassoni, si discute da tempo sull'opportunità d'inserire le medicine complementari ed alternative nei programmi d'insegnamento delle scuole mediche.

Secondo i sostenitori delle medicine complementari ed alternative, non è infatti realistico continuare a ignorare quanto nella pratica funziona (almeno a loro giudizio), solo perché non ne è ancora sufficientemente chiaro il meccanismo d'azione; in sostanza, si dovrebbe tendere sempre più verso un approccio integrato alla salute ed alla malattia, superando contrapposizioni controproducenti, nell'interesse del paziente.

Tale inserimento nei curriculum scolastici sarebbe legittimo ed auspicabile per almeno un paio di motivi. Il primo, che sicuramente, entro un limitato numero di anni, le medicine alternative diventeranno, visto il trend attuale, parte integrante degli interventi praticati nelle strutture ospedaliere, non ultimo perché la definizione stessa di medicina (come quella di salute) sarà diventata nel frattempo più ampia di oggi. Il secondo, che, poiché nella pratica medica sarà sempre più facile imbattersi in pazienti con una storia personale che include il ricorso alle medicine complementari ed alternative, sarà bene che il medico, soprattutto se di base, possieda il bagaglio culturale adeguato per gestire al  meglio la situazione.

Il secondo motivo sarebbe una sorta di tentativo di salvare il salvabile, di mettere ordine in un universo caotico, di codificare delle pratiche che probabilmente saranno sempre più utilizzate dai medici, sotto la pressione della richiesta del pubblico, a prescindere dalla loro efficacia. Non è estranea a ciò la considerazione che fin tanto che le medicine alternative saranno per la maggior parte escluse dalla rimborsabilità, i medici vedranno in esse una proficua nuova forma di reddito, quando anche agissero con un semplice effetto placebo.

Nei paesi in cui le medicine complementari e alternative sono state in qualche modo inserite nella pratica medica, anche solo a livello sperimentale ed a scopo di valutazione, è stato necessario redigere delle linee guida, abbastanza rigorose nonostante l'apertura verso l'alternativo. Tali linee guida vengono spesso citate come prova di una avvenuta legittimazione delle stesse medicine alternative e come lasciapassare per l'introduzione di nuovi corsi di insegnamento; e sbandierate nel promuovere, presso il grande pubblico o gli operatori della salute con atteggiamento meno critico,  metodi di cura ancora tutt'altro che provati; e con un effetto domino supportano le pretese di chi invoca maggiori concessioni all'alternativo.

Dal punto di vista della medicina scientifica, le verifiche sull'efficacia di tali pratiche non possono che essere anteposte alle scelte politiche. Per questo, accettando il confronto con le medicine alternative, ci si deve oggi chiedere essenzialmente: (a) come stabilire se queste terapie siano davvero efficaci?, e (b) come integrarle alla pratica medica, nel caso che si dimostri l'efficacia di qualcuna di esse?

Il primo punto è il più conflittuale. I medici alternativi non solo ritengono illegittime molte affermazioni che di fatto rendono la medicina scientifica assolutamente impermeabile verso le loro istanze, ma contestano anche la metodologia scientifica in sé, laddove ad esempio si tratta di verificare l'efficacia o non di qualcosa. In linea di massima l'osservazione aneddotica e la valutazione soggettiva vengono di fatto anteposte dai medici alternativi alle analisi su base statistica, in doppio cieco e tramite trials prolungati su ampie popolazioni. Questa opposizione di principio non può essere superata facilmente, perché proprio sulla base di questo diverso atteggiamento sperimentale la medicina scientifica si è differenziata (con indubbio successo), da più di un secolo, da un certo pensiero medico che l'ha preceduta, e di cui la medicina alternativa fa invece ancora parte.

Ma anche nell'ipotesi che un giorno alcune delle tecniche proposte dalle medicine alternative dimostrino una loro efficacia (in particolare nel caso dell'agopuntura), come integrarle nella medicina scientifica? Il conflitto fra medicine alternative e medicina scientifica è infatti un vero e proprio conflitto fra sistemi dottrinali per molti aspetti incompatibili. La medicina scientifica è oggi indubbiamente quella che offre le spiegazioni e le risposte pratiche più soddisfacenti. L'accoglimento nel bagaglio medico di argomentazioni in chiaro conflitto con dati sperimentali ampiamente consolidati (ad esempio la ipotetica più intensa azione farmacologica delle diluizioni omeopatiche di una sostanza) non sembra neppure lontanamente pensabile.

Da un punto di vista pratico, anche non tenendo conto delle precedenti considerazioni, il punto centrale non è quello di stabilire quali sistemi medici alternativi possano essere introdotti nella pratica medica, ma piuttosto di evidenziare quali "rimedi" possano essere utili e quali no, e come usarli.

Ma come è possibile incorporare, se pure lo si volesse, le medicine alternative nel curriculum formativo dei medici? Il problema è di grande attualità, e viene discusso nelle facoltà mediche e nelle organizzazioni professionali.

Superate le contrapposizioni di principio, occorrerebbe valutare criticamente la letteratura prodotta dai medici alternativi, soprassedendo per il momento su considerazioni generali sulle singole dottrine e focalizzando l'attenzione su singoli temi, su specifici trattamenti per ben identificate condizioni. Alcune fra le medicine alternative suscitano maggiori aspettative di efficacia (la chiropratica, l'agopuntura, il massaggio, gli approcci integrati mente-corpo).

Ma l'apprendimento delle medicine alternative non può essere solo teorico; deve comprendere un'adeguata pratica clinica, di non facile attuazione. Introducendo la sperimentazione clinica sulle terapie alternative nella routine ospedaliera e nei curriculum formativi e sottoponendola a linee guida, si corrono infatti diversi rischi: (a) quello di fornire loro, involontariamente, una ingiustificata credibilità, (b) quello di convalidare metodi di diagnosi e di ragionamento clinico irrazionali e non supportati scientificamente, (c) quello di trasferire direttamente nella pratica clinica prodotti (ad esempio erbe, che sono veri farmaci) che non hanno superato l'iter sperimentale previsto per tutti gli altri medicamenti.

Coutilizzare medicina scientifica e pratiche alternative presuppone che delle seconde si sia provata l'efficacia; inoltre i medici alternativi dovrebbero essere ben coscienti dei limiti delle loro terapie e parlarne apertamente, cosa che di fatto non avviene.

Le medicine alternative, nonostante la pretesa di costituire un sistema medico completo, non aiutano a sviluppare una mentalità critica; e dunque, come sottoporle a studenti che mancano di esperienza e rischiano di essere fortemente disinformati? Il loro insegnamento rischierebbe col divenire un semplice indottrinamento, anche perché la pratica alternativa è già di per sé fortemente legata agli aspetti della comunicazione. Poiché gli aspetti emozionali e relazionali sono fondamentali nelle medicine alternative, occorre che gli studenti siano in grado di tenerne conto: per questo dovrebbero innanzitutto conoscere le tecniche di comunicazione corporea, di propaganda, di suggestione e ipnosi, di memorizzazione, ma dovrebbero anche essere in grado di ben ponderare il valore delle testimonianze e la cattiva interpretazione dei sintomi e delle sensazioni da parte dei pazienti.

Inserire l'insegnamento delle medicine alternative (o almeno di alcune di esse) all'interno dei programmi universitari (quanto meno per adeguarsi alla realtà della medicina pratica di questi tempi) darebbe forse una possibilità in più a tutti i medici di rispondere alle maggiori richieste dei propri clienti; ma in questi termini il problema sembra piuttosto mal posto. In realtà, l'obiettivo primario delle scuole di medicina è quello di preparare dei professionisti capaci di curare le persone utilizzando trattamenti di provata efficacia; e dunque la questione che occorre mettere sempre prima sul tavolo è la dimostrazione della efficacia clinica dei trattamenti alternativi. Il medico non deve abdicare al suo ruolo, nel timore che il suo cliente, alla fine, "sotto la sua responsabilità", possa ricorrere, altrove, a trattamenti non provati o affidarsi ad un ciarlatano.

I medici naturali allontanano i pazienti dalle cure efficaci

La più importante critica alle medicine alternative in genere è quella di sottrarre i pazienti ad percorso diagnostico adeguato e ad una terapia in linea con gli standard ottimali. In pratica, non c'è alcun motivo per rifiutare o abbandonare una terapia comunemente ritenuta efficace, se non allorquando se ne conosca una migliore, possibilità invero molto remota pescando fra le medicine alternative. Spesso i medici alternativi nuocciono ai propri pazienti o sottoponendoli a terapie di non provata efficacia (e dunque esponendoli ai rischi di un peggioramento o di una cronicizzazione della propria patologia), oppure perché non giungono alla formulazione di una corretta diagnosi, per i limiti concettuali della propria disciplina (nel caso della medicina naturopata, ad esempio, per la erronea concezione delle malattie infettive e della patologia tumorale).

Gli alternativi, peraltro, affermano che oggi questo rischio è assai minore che in passato, per una maggiore attenzione da parte loro e anche perché il pubblico è più esigente e meglio informato.

Dunque, sembra imporsi, fra gli adepti dell'alternativo, la tendenza a convivere con la medicina ufficiale, evitando ad esempio di sconsigliare gli interventi chirurgici o l'uso di farmaci essenziali e salvavita. Un atteggiamento tipico (di assai dubbia legittimità) è così quello di consigliare ai propri pazienti di continuare la terapia a base di farmaci convenzionali, ma riducendo nel tempo le dosi, in base al miglioramento clinico e sostituendoli gradualmente con prodotti alternativi.

I medici alternativi ritengono anche che negli ultimi anni sia migliorata la capacità del pubblico di capire quando è possibile andare da un medico alternativo e quando invece è indispensabile una terapia tradizionale. Ma questo ragionamento non può essere accettato, perché la delega di giudizio al paziente stesso può portare a serie conseguenze.

La naturopatia non ha una sua precisa dimensione

La naturopatia può essere definita soprattutto a partire da quello che non è, essere cioè inquadrata per come in opposizione alla medicina scientifica. Nonostante circa due secoli di storia, non si può dire tuttavia che abbia raggiunto una sua precisa dimensione ed una sua coerenza. Le stesse idee di base sono state forzatamente adattate, laddove possibile, ai nuovi tempi ed alle acquisizioni della medicina scientifica, senza che all'interno del movimento naturopata si siano registrati progressi autonomi.

Particolarmente importante appare il frequente atteggiamento di vittimismo da parte di chi la esercita e di chi vi si rivolge, convinto di fare ricorso a qualcosa sinceramente valido. Portato all'estremo, questo atteggiamento diventa franca ostilità a tutte le pratiche della medicina scientifica e soprattutto a tutte le novità della scienza in genere (organismi geneticamente modificati, clonazione etc…), che si manifesta con campagne ricorrenti: ad esempio quella contro la fluorizzazione delle acque, contro le amalgame dentarie, o contro i vaccini. Questa opposizione a testa bassa può forse essere interpretata come una reazione emotiva di ipercompensazione di fronte alla debolezza intrinseca di ogni pratica alternativa

La naturopatia non ha superato la concezione del vitalismo

Tutte le medicine alternative si fondano su di una concezione "vitalistica" dell'essere umano e della natura in genere. La capacità dell'organismo di autoguarirsi e di orientare le sue funzioni al fine del raggiungimento di uno stato ottimale, la partecipazione dell'uomo a meccanismi fondamentali propri di tutti gli organismi viventi, sono tutte derivazioni di una idea che ha permeato per secoli il pensiero occidentale. Ma proprio il superamento del vitalismo è stato un passaggio fondamentale nell'evoluzione della pratica medica.

Secondo la medicina scientifica, il corpo è una macchina molto complicata; secondo le medicine alternative esistono invece un'unità fondamentale mente-corpo ed un principio immateriale ordinatore di tutti i processi che avvengono nel vivente; una non meglio precisata intelligenza o forza vitale distinguerebbe il mondo animato da quello organico. Da qui la concezione che lo stato di benessere ottimale sia quello in cui questa energia vitale è libera di esprimersi e di fluire "naturalmente". La vera guarigione "naturale" si attuerebbe non solo con il ripristino della funzione di un organo, ma il riequilibrio dei flussi "energetici" del corpo e il ripristino del loro potenziale. Le erbe, agenti terapeutici per eccellenza, conterrebbero non tanto elementi metabolicamente attivi, quanto piuttosto "virtù vitali".

L'incapacità ad uscire dal vitalismo è l'elemento rivelatore più evidente della arcaicità della concezione della naturopatia.

La naturopatia pecca di ingiustificato idealismo e finalismo

Non solo le medicine alternative, ma praticamente tutta la psicosomatica sono intrise di idealismo e finalismo, molto utili nel rapporto medico-paziente e con un proprio valore terapeutico, ma che portano a concezioni unilaterali che allontanano dalla realtà dei fatti, in quando tendono a forzare l'approccio medico entro logiche precostituite, spesso estremiste e più vicine al carattere di una religione.

Il medico idealista inoltre se ne fa una forza (e finisce col prestare minore attenzione ai risultati), laddove il medico scientifico è sempre assillato dal dubbio e dalla priorità data alla verifica clinica.

Le teorie naturopatiche sono bizzarre; mancano il supporto sperimentale e le prove di efficacia

I prodotti e le tecniche adoperati nella naturopatia sono efficaci? e se si, lo sono di più e con maggiore sicurezza di quelli preparati dall'industria farmaceutica? Le poche reali sperimentazioni ben condotte non hanno mai convinto i ricercatori. A lato di ciò esiste un'abbondante, quanto poco convincente, letteratura che ne vorrebbe documentare positivamente gli effetti. La produzione di rimedi a base di erbe è per lo più al di fuori di ogni regolamentazione, e le autorità sanitarie si limitano a intervenire allorquando vengono segnalati dei problemi conseguenti alla loro assunzione. A causa di ciò, non si può avere alcuna garanzia circa la purezza e il dosaggio di queste sostanze; e d'altra parte in molti casi non si hanno certezze scientifiche circa gli effetti secondari ed i rischi.

La medicina scientifica viene pure essa accusata di usare spesso sostanze inefficaci; in effetti i trials supportano l'efficacia di terapie e procedure solo in una limitata percentuale di casi, talora molto bassa come nel caso delle procedure chirurgiche in età pediatrica. Va notato tuttavia che non ci si deve limitare a considerare dimostrativi solo i trials; anche gli studi prospettici ed i follow-up forniscono evidenze incontestabili sull'efficacia delle terapie e procedure abituali. In pratica, bisogna individuare diversi livelli di evidenza, e i trials in doppio cieco forniscono la migliore garanzia.

Ma qual è la conoscenza scientifica di base richiesta a chi (soprattutto se non medico) segue i corsi di naturopatia? Quanto si studia di altre scienze e discipline di base (chimica, fisica, statistica etc?). La maggior parte dei medici alternativi in realtà non sa bene quello che fa (nonostante la sbandierata sicurezza e competenza).

Ma per supplire a questo vuoto culturale non difettano le vie di fuga: ad esempio, alla suggestione delle antiche diagnosi e prescrizioni in lingua latina, dal significato incomprensibile ai più, vengono sostituiti improbabili concetti e terminologie dal fascino esoterico. Quando necessario (quasi sempre) si tira fuori l'inafferrabile concetto di "energie".  Ma ancora più caratteristico dell'atteggiamento di molti medici alternativi è il rifiuto di modificare le proprie idee alla luce dell'evidenza, l'appello al principio di autorità piuttosto che alla verifica sperimentale.

Nell'ambito della naturopatia non esiste una letteratura specifica accreditata, ma solo una collezione di testi che riflettono i punti di vista di innumerevoli scuole, spesso incompatibili fra di loro. Le idee e le convinzioni di chi pratica la naturopatia derivano così per lo più dall'insegnamento arbitrariamente impartito all'interno di una particolare scuola.

C'è una scorrettezza di fondo

Molti fra quanti propugnano l'alternativo, in realtà, non hanno una sincera intenzione di verificare, approfonditamente e con metodologia non ambigua, l'efficacia e i meccanismi di funzionamento di ciò in cui credono.

Credere sinceramente in quello che si sta facendo, non offre garanzie all'utente cliente; al massimo sgombra il campo da trucchi, frodi conclamate ed imposture.

In molti casi il conflitto di interessi nelle medicine alternative è perfino maggiore che nella medicina tradizionale (naturopati che vendono integratori alimentari, terapeuti che vendono libri e apparecchiature di autodiagnostica). Molti farmaci della medicina naturale non sono naturali; Ad esempio i "chelanti" come l'EDTA (acido etilendiaminotetracetico). Come nella medicina tradizionale, il ripetersi delle visite può essere indice di semplice tornaconto economico.

Le terapie alternativi sono dirette soprattutto verso le malattie minori

Alcuni autori parlano di malattie "con le gambe deboli", che sarebbero quelle in cui  più che agire con una terapia eziologica precisa, spesso basta semplicemente rafforzare le difese dell'individuo per averne una guarigione. È piuttosto evidente, leggendo qualunque libro sulle medicine naturali, come le terapie alternative "evitino" il più possibile di confrontarsi con le malattie più serie, così come non prendono affatto in considerazione quelle di interesse chirurgico, genetiche, etc.

Gran parte dei risultati vantati dalle medicine cosiddette "dolci", d'altra parte, si basano sull'effetto placebo. In esse, dunque, la suggestione gioca un ruolo fondamentale. E le vantate casistiche sono costruite soprattutto sulla base dei racconti dei pazienti piuttosto che su rigorosi riscontri clinici e epidemiologici.

Molte terapie alternative non sono effettivamente tali

La meditazione, le tecniche respiratorie, l'espressione delle emozioni, rappresentano più che altro delle tecniche di vita sana piuttosto che veri precetti medici. Molti medici alternativi prescrivono elementi naturali di cui non conoscono le proprietà, in base a regole astratte e assolutamente personali; e tale comportamento è quanto di più artificioso si possa pensare. Uno dei limiti di questo procedimento curativo e quello di essere centrato su prospettive assai limitate, su di una visione del tutto unilaterale dei disordini dell'organismo (il chimismo della vita è assai più complesso), mentre la stessa medicina alternativa, per altri versi, ha sempre sostenuto di mirare alla globalità della persona e dunque a tutto l'insieme dei suoi equilibri.

Gli integratori alimentari non hanno una chiara funzione. Non esistono prove sicure sulla loro presunta efficacia nel prevenire le malattie. L'effetto positivo sarebbe legato solo al migliorato stile di vita assunto da chi si rivolge al naturale, per esempio un migliore controllo della dieta, piuttosto che ad un effetto terapeutico vero  proprio.

Le molte teorie non sono supportate da studi sistematici

Nella medicina naturale la "sensibilità" e l'intuizione" del terapeuta vengono anteposte alla logica; così le diagnosi di diversi operatori possono divergere in maniera clamorosa, secondo l'orientamento delle scuole e le preferenze personali.

Le casistiche sono per lo più aneddotiche. Mancano i confronti in doppio cieco e con i farmaci utilizzati dalla medicina scientifica. Nell'ambito della fitoterapia e dei supplementi nutrizionali, la ricerca delle caratteristiche chimiche e delle proprietà biologiche dei prodotti è sufficientemente avanzata e curata, (perché i principi chimici sono già studiati dalla medicina scientifica), ma la sperimentazione clinica specifica del prodotto fitoterapico è in genere assai limitata.

Grazie alla mancanza di quei filtri istituzionali che impediscono una prematura commercializzazione dei farmaci, la propaganda e la diffusione delle pratiche e dei rimedi delle medicine naturali precede le indispensabili conferme cliniche (anche la medicina scientifica, in non pochi casi, è risultata carente in questo senso, specie in passato). L'uso di spiegazioni pseudo-scientifiche prevale sulle conoscenze reali e dunque verificabili, e molti concetti semplicemente non significano niente.

Nel caso delle scienze sperimentali si parla spesso di "validazione" di una teoria. In effetti, il metodo scientifico non prevede che si possa definitivamente assumere per vera una teoria, ma solo che essa possa essere utilizzata in via temporanea, in attesa di essere superata. La scienza cerca risposte, le migliori possibili, ai suoi interrogativi, fino nei più piccoli particolari, ciascuno dei quali viene sempre riconsiderato.

Nella naturopatia, invece, non si evidenzia questo processo, questo crescere di consistenza del sistema. Essa cerca di essere coerente con se stessa (lo stesso avviene per l'omeopatia etc) e in un certo senso vi riesce; ma per restare tale non solo evita di confrontarsi a tutto campo con le altre scienze, come la fisica e la chimica, ma pretende di passare oltre, ipotizzando riferimenti a categorie fenomeniche diverse, ignote alla scienza ufficiale.

Ciò che funziona sul singolo non ha valore generale

Una delle caratteristiche del metodo scientifico è quello di usare il caso singolo solo come spinta allo studio; ma le decisioni concrete non possono essere prese che in base a considerazioni di tipo diverso, statistiche, su doppio cieco etc… Purtroppo il senso comune privilegia spontaneamente le spiegazioni basate sui singoli casi. Una pratica medica può forse in qualche modo "funzionare" su di un certo paziente, ma ciò non implica che funzioni su altri.

 

[1] La Professione, febbraio 2000, p. 13.