Una certa prudenza non può essere considerata anti-vax
di Francesco D’Alpa
[L'ATEO, 5/2018]
Massimo Albertin (che mi vanto di conoscere e stimare sul piano umano e professionale) avanza motivate critiche sia riguardo due articoli pubblicati su L’Ateo, sia riguardo la presunta “permeabilità” concessa a tale genere di articoli dalla attuale redazione.
Critica innanzitutto l’affermazione «Tra gli scienziati non c’è una visione unitaria sulla questione vaccini», ma poi riporta che «99,9% degli scienziati concorda sull’efficacia e sulla sicurezza, che ovviamente sappiamo bene non essere assoluta, dei vaccini». Dunque non sembra negare un certo margine di “insicurezza”, in alcuni sia pure limitati casi di tale pratica (del resto presente in ogni atto medico).
Poi lamenta come «falsità diffusa fra gli antivaccinisti» la tesi che «gli effetti sinergici di queste combinazioni [fra i dieci vaccini obbligatori] sono sconosciuti», riportando a convalida il fatto «che da molti anni e in quasi tutti gli Stati occidentali questi 10 vaccini sono somministrati, seppur non obbligatoriamente, alla quasi totalità della popolazione infantile». Personalmente non mi sembra scandaloso, laddove manchi una esplicita posizione anti-vax, porsi un qualche sia pur minimo dubbio su eventuali effetti a lungo termine (senza che questo al momento possa suggerire di interrompere l’attuale pratica vaccinale).
In quanto alla contrapposizione fra tifoserie di cui scrive (da semplice osservatore) Scannapieco, non griderei all’infamia per l’articolista, perché in effetti gran parte del pubblico dei non addetti ai lavori sta recependo tutta la questione giusto in questi termini (e non dimentichiamoci delle ambiguità e colpe ministeriali nel finanziare gli studi sull’inconsistente “metodo stamina”, che hanno vergognosamente rafforzato la posizione dei contestatori per principio del “sistema”).
Non è mia intenzione glissare nel complesso le argomentazioni di Albertin, che ritengo indiscutibili, ma dissento circa la fondatezza dei suoi timori in quanto ad una presunta posizione anti-vax della redazione de L’Ateo (ed a mio parere anche dei due nostri articolisti).
Riferendomi all’articolo di Scannapieco, ritengo anch’io che la logica anti-vax perpetui radicati pregiudizi spiritualistici (come in genere avviene nelle medicine alternative). Scannapieco (anche se da uomo comune) non dubita comunque della utilità e necessità delle vaccinazioni. Unico punto debole del suo articolo, se vogliamo, è la sua (probabilmente ingenua più che maliziosa) affermazione «sembra che in percentuale alcuni rischi collegati alle vaccinazioni infantili di massa ci siano davvero», che si collega alla precedente rampogna sul fatto che a suo parere entrambi gli schieramenti non concedono «assolutamente nulla, sul piano dialettico-concettuale o soltanto possibilista alla parte avversa»: ammetto che sarebbe stato preferibile evitare questa affermazione, o proporre altrimenti il concetto, non necessariamente maligno.
Maggiore attenzione merita certamente quanto ha scritto, da professionista della salute, Monica Zoppè, che ha inteso argomentare (si badi bene) non sulla innocuità ed efficacia dei vaccini quanto piuttosto sulla loro opportunità in ordine alla più o meno assoluta necessità nel nostro attuale contesto storico (come nel caso della poliomielite), all’epoca di somministrazione, ed alla contemporanea multisomministrazione.
Andiamo per ordine. Che molti (forse occorreva chiarire: quanti?) pediatri siano critici nei confronti dei vaccini è notorio (sono totalmente in errore?), ed è altrettanto vero che la scienza in passato non è stata “immune da errori” anche tragici e su larga scala (vedi il caso della “innocua” talidomide o della recentissima mortale sperimentazione del Viagra su donne gravide). Sostenuta da questa consapevolezza “storica”, e spinta da un ineludibile principio di precauzione, la nostra articolista fa questo semplice ragionamento: visto che «come qualsiasi altro farmaco, anche i vaccini hanno controindicazioni ed effetti collaterali indesiderati […] la questione diventa una valutazione di equilibrio tra i rischi della malattia e quelli del vaccino». Non si tratta, a mio parere, di una affermazione pregiudizialmente anti-vax, se si tiene presente che la prudenza qui invocata riguarda possibili conseguenze negative sul singolo individuo, e non sulla popolazione nel suo complesso.
Ma veniamo al nocciolo delle critiche: la Zoppé esprime posizioni subdolamente anti-vax? A nostro e mio parere: no; come conferma la parte conclusiva del suo articolo, in cui tratta il caso della vaccinazione anti-poliomielitica, della quale ribadisce la indispensabilità, avanzando qualche dubbio solo circa l’epoca di somministrazione. Personalmente non sono in grado di esprimere un informato parere tecnico su tale delicato argomento (che esula dalle mie competenze); ma certo è che l’attuale scenario epidemiologico differisce da quello che fece da sfondo alle sacrosante campagne vaccinali del secolo scorso, e certamente le “variabili in gioco” non sono più le stesse, e “il discorso è tutt’altro che semplice”.
Riguardo la multivaccinazione, la Zoppé scrive «impegnare un sistema immunitario ancora immaturo con un numero alto di stimoli immunogenici, in modo artificioso, non si sa a che cosa potrebbe portare. Il forte aumento delle patologie legate al sistema immunitario è stato messo in relazione, tra le altre cose, anche con le vaccinazioni», precisando subito dopo che «a scanso di equivoci, non sto affermando che i vaccini siano la causa dell’aumento delle malattie autoimmuni, e non sto nemmeno affermando che ciò è impossibile. Andrebbero condotti degli studi ...». Un colpo al cerchio ed uno alla botte? A mio parere ancora no. Non vedo perché invocare un tale studio debba essere considerata di per sé una affermazione anti-vax.
Ultima importante questione: i due articoli criticati esprimono una posizione “ufficiale” dell’UAAR, o quanto meno della Redazione de L’Ateo? Qui è facile rispondere. L’UAAR, e di conseguenza la Redazione de L’Ateo, non ha alcuna posizione “ufficiale”, né la discute, su questioni che esulano dal suo Statuto, tanto più su questioni d’ordine medico; ed anche quanto oggi scrivo va dunque inteso solo come spunto personale di dibattito (del resto è notoria la mia netta opposizione alle medicine cosiddette alternative ed a tutto il mondo che le propaganda, applica e supporta). Abbiamo ritenuto pubblicabili i due articoli oggetto di critica per due diverse ragioni. In quanto a quello di Scannapieco, perché focalizzato sul rapporto fra religione e scienza; in quanto a quello della Zoppè perché centrato sul richiamo ad un uso ottimale del “principio di precauzione”, fermo restando in questi argomenti l’ineliminabile primato della scienza sulla politica e sulla “vox populi”. Detto altrimenti: questo secondo articolo, in quanto ai suoi aspetti “discutibili”, a mio parere non avrebbe ricevuto critiche così radicali se pubblicato (in diversa forma e con i necessari riferimenti bibliografici) su di una rivista medica, orientata alla discussione.
In ogni caso, ben venga ogni osservazione dai nostri più attenti lettori.