Karlheinz Deschner: La croce della Chiesa. Storia del sesso nel Cristianesimo
ISBN 978-8845-70150-4, Massari, Bolsena 2000, pagine 352, Lire 33.000, brossura.

Recensione di Francesco D'Alpa

[L'ATEO, 6/2018]

Deschner, di cui tante volte abbiamo scritto in queste pagine, è stato per decenni un implacabile fustigatore di una Chiesa Cattolica da lui giudicata criminale e perversa. Non poteva dunque mancare fra i suoi volumi, così ricchi di citazioni documentarie e di approfondite analisi, una controstoria del rapporto fra il corpo (spirituale) degli uomini di Chiesa ed il corpo (fisico) dei loro fedeli, una indagine minuziosa al “letto” (è proprio il caso di dirlo) di una società accusata di colpevole erotismo.

La prospettiva entro cui, come altrove, si muove Deschner, è essenzialmente storica. Non conta, come si legge abitualmente ai nostri giorni, solo l’ultima opinione dei papi, dei moralisti cattolici o degli ultimi articolisti delle numerosissime riviste del settore: la Chiesa va giudicata per intero, secolo dopo secolo, dando il massimo rilievo ai suoi massimi esponenti, ad esempio s. Paolo e s. Alfonso de’ Liguori; ed a quest’ultimo in particolare, principe dei moralisti e patrono dei confessori, la cui complessa (e a quanto pare perversa) personalità è qui descritta a fosche tinte.

Se la Chiesa è tradizione, se tutta la sua impalcatura poggia su enunciati vecchi di secoli, non si può sottrarre al deposito della “morale” quello che uomini come noi, tecnologicamente primitivi ma con pari potenziale sensibilità e affettività, hanno ritenuto ingiusto e condannabile (in questo come nell’altro mondo) “in nome di Dio”.

Il catalogo è impressionante: non una messa al bando senza distinzione di elementi predisponenti o adiuvanti della pratica copulatoria (fatta salva la semplice asettica inseminazione al modo missionario), ma una particolareggiata condanna di pensieri, sensazioni e pratiche, che i confessori si sono compiaciuti di conoscere (e fedelmente descrivere) scandagliando i più nascosti recessi di ogni “insano” (o sano?) desiderio; una totale colpevolizzazione e rimozione della più ampia (da loro aborrita) dimensione esistenziale della sessualità.

Certo non manca, in questo volume, un’attenta disamina dei mutamenti intervenuti nella Chiesa nella seconda metà del Novecento, ed in particolare delle cosiddette “aperture” post-conciliari; ma anche su queste il giudizio è ampiamente negativo, giacché esse rifletterebbero solo un complicato accomodamento nei confronti delle aspettative, in direzione liberatoria, del popolo dei sempre meno fedeli.

Nel suo complesso, qui come altrove, la critica di Deschner colpisce a fondo una delle cattive radici (non che siano tutte tali, beninteso) dell’Occidente cristiano, delle quali è bene non rimuovere il ricordo né mitigare la condanna, perché solo così facendo possiamo avere sempre ben presente quanto l’imposizione di un modello morale (teologico o no) possa danneggiare il perseguimento di un buon vivere, nel caso specifico in armonia con il proprio e l’altrui corpo.

Certo è un peccato che il nostro autore non abbia potuto frequentare il pensiero dell’attuale Papa, al quale avrebbe inevitabilmente rimproverato una ancora più ampia contraffazione (ed occultamento) di pronunciamenti secolari, che egli sarebbe invece coerentemente in dovere di difendere.