Editoriale - L'ATEO 5/2018

di Francesco D'Alpa

In L’essere ed il nulla J.P. Sartre afferma: «Il corpo non è uno schermo tra noi e le cose [...] In un certo senso il corpo è ciò che io sono immediatamente» (edizione EST, 1997, p. 375). Dal punto di vista esistenzialista, o materialista, non possiamo dargli torto: viviamo nel corpo, agiamo con il corpo, sentiamo (godiamo soffriamo ...) con il corpo, moriremo come corpo. Per taluni questa verità è difficile da accettare; per le religioni (ma soprattutto da Platone in poi) l’idea è totalmente bandita, nell’illusione di un ipotetico dualismo corpo-anima. Ma si tratta di una sorta di autoinganno della coscienza. La realtà è più prosaica, forse meno esaltante; ma ci spinge ad amare questo noi corporale, a soddisfare le sue esigenze, a sfruttarne le possibilità, a goderne i piaceri. Ecco, ci siamo: quale piacere più piacevole del sesso? È li, a nostra disposizione, senza alcun vincolo, regno delle più segrete e ricercate libertà individuali. Sesso talora ad effetto procreativo, ma in così limitate occasioni da potersi quasi immaginare che la riproduzione sia un sottoprodotto evolutivo del piacere e non l’opposto; il che rende inaccettabile l’idea che l’orgasmo femminile, al contrario di quello maschile, non serva a nulla. Ma vogliamo scherzare; contraddire secoli di civiltà, di prodotti culturali riconducenti anche e soprattutto al desiderio, alla ricerca ed al soddisfacimento dei piaceri della vita, e innanzitutto di “quel” piacere?

 

Certo non manca, anche nella nostra aperta società attuale, il rovescio della medaglia: il divieto più o meno velato alla concupiscenza; forse (o soprattutto) perché una forza così pervasiva e dirompente ha sempre preoccupato e continua a preoccupare il potere, o più semplicemente perché si suppone che “distragga” da più nobili o utili occupazioni (le opere intellettuali, la produzione di beni materiali, la guerra)? Ad instillare dubbi, angosce e sensi di colpa ci hanno da sempre pensato i religiosi, così inadatti a godere serenamente della vita e così illusi da una speranza ultramondana (comunque contraddittoria fra il paradiso asessuato dei cristiani e quello, si presume godereccio, degli islamici). Certamente, i tempi sono cambiati, anche solo ripercorrendo l’infanzia di noi che scriviamo su queste pagine, probabilmente prima in buona percentuale “catechizzati” in chiesa o in oratorio sul peccato, poi “redenti” al grido di «fate l’amore e non la guerra».

 

Ammettiamolo: anche quest’ultimo era e sarebbe oggi un modo limitato, fin troppo utilitaristico, di guardare al sesso; che è qualcosa di molto più che un semplice estemporaneo piacere, uno sfogo istintuale, un’attività sociale. Tornando a Sartre ed agli esistenzialisti: il sesso è parte, una gran parte del nostro essere, del nostro “essere nel mondo”, del nostro relazionarci al mondo. Nelle pagine che seguono cerchiamo di dirne qualcosa, secondo le nostre competenze, le nostre passioni, le nostre preferenze.

 

Avremmo voluto dire qualcosa di più su questo invitante tema, o qualcosa di diverso, ma soprattutto avremmo voluto ricevere, come per ogni numero, dei contributi da voi lettori; cosa purtroppo non avvenuta; e certo ci spiace avere dovuto confezionare una parte monografica così limitatamente (involontariamente) “redazionale”. Forse andrà meglio in futuro, forse con altri temi; per intanto prendetevi questa tiratina d’orecchie! Per pareggiare il conto, una tiratina me la do io stesso per avere scritto erroneamente nel precedente editoriale che nel buddhismo «si sconsiglia l’astinenza dal pesce e dai formaggi stagionati»: chiaro errore di battitura del corretto «consiglia». Ma una più sonora (e direi pure fastidiosa; ma giustificata?) negli ultimi tempi ce la siamo presa anche noi: mi riferisco a certe lamentele riguardo due articoli sui vaccini, con un seguito in questo numero.

 

Di tutto ciò leggerete più avanti. Per cui mi limito ad introdurre la questione, su di una prospettiva più ampia. Indubbiamente noi della redazione, cui è stata data fino a questo momento una generosa carta bianca sulla programmazione e sui contenuti de L’Ateo, non abbiamo sempre fra di noi le stesse idee su singoli argomenti; tanto meno è impossibile che queste rispecchino (o abbiano rispecchiato in passato) quelle della più ampia platea dei lettori; né certo è auspicabile che da parte nostra si venga meno al pluralismo programmatico dell’UAAR. Su alcuni temi, doverosamente “atei”, si è verosimilmente (e facilmente) tutti d’accordo, da parte nostra e da parte vostra; ma su altri dobbiamo consentire (e voi dunque consentiteci) una certa elasticità; ed in certi casi perfino il beneficio del dubbio. Ma questo, vi sarà più chiaro leggendo più avanti questo numero, che spero (giacché proprio parliamo di piacere) non dispiaccia!