Ai cattolici piacciono i Simpson!
di Francesco D’Alpa
Sin dalla loro prima comparsa nelle TV statunitensi (17 dicembre 1989) i “Simpson” hanno goduto fama di cartoon dissacrante, di cattivo modello educativo per le famiglie (vedi le pesanti critiche dell’amministrazione di George Bush senior). Ma nulla ha potuto fermare il loro travolgente successo (al punto da essere riconosciuti la migliore e più vista serie televisiva del secolo) salvo tiepide censure su taluni argomenti (ad esempio una certa compiacenza verso le droghe leggere) e aver in qualche modo addolcito in alcuni paesi (ad esempio in Italia) le espressioni più volgari.
Nessun dubbio comunque che agli inizi, e per molti anni, la loro visione sia stata giudicata dal pubblico cattolico (ed in paerticolare da quello più tradizionalista nostrano) come sgradita. Ma i tempi cambiano, ed in anni di chiese vuote una assoluzione non la si nega più a nessuno; dunque oramai gran parte del mondo cattolico (dopo avere seppellito quasi senza rimorsi il ‘Sillabo’) è ben propenso a patteggiare con la modernità, evidentemente anche nel campo della morale e della buona educazione. Ed ecco allora che perfino ‘Civiltà Cattolica’ spezza una lancia (o anche qualcosa di più) per la serie americana [1]; subito ripresa da ‘L’osservatore romano’ [2]: non solo i Simpson si possono vedere e discutere, ma perfino per certi tratti imitare.
Perché, ovviamente viene da chiedersi, tanto inatteso gradimento (dopo il disgusto iniziale) di un cartone così antitetico alla logica dei buoni sentimenti e del lieto fine, sempre rispettata invece nell’antitetico mondo Disney? Nessun dubbio, spiega il gesuita di turno, sul fatto che i personaggi dei Simpson superino un tradizionale limite di quelli Disney: o solamente buoni o solamente cattivi. Ma, viene da chiedersi, quanto è apprezzabile, cristianamente, accettare la coesistenza di bene e male in uno stesso personaggio, quando questa coesistenza è tutt’altro che un segno di debolezza, e riflette piuttosto una scelta ‘cosciente’? ‘Civiltà Cattolica’ vede in questa serie il nitido «racconto della vita di una famiglia comune, di uno spaccato di società americana o di singoli problemi personali» sulla base del quale si possono intessere discussioni etiche e di valore, perfino propedeutiche ad una apertura sulla fede ed il soprannaturale. Ma sarà poi vero?
Il tema di fondo dell’apprezzamento odierno cattolico è dichiaratamente il modo di trattare l’argomento famiglia. Ma i limiti e gli innumerevoli difetti dell’uomo Homer e del suo replicamte Bart li conosciamo tutti; bastano dunque i loro pochi pregi (ad esempio la generosità e il problematico altruismo di Homer) a compensarli? Bastano gli interventi accorati di Marge, voce morale della famiglia, a riequilibrare in senso positivamente educativo il contesto? o non bisogna piuttosto (‘purtroppo’, per i credenti) ammettere che è solo la scettica e di fatto agnostica Lisa «vegetariana ed ecologista, ma anche anticonformista, progressista e ambiziosa» a mantenere in buon equilibrio il mondo morale di questa sgangherata famiglia, dove sembra che sia quasi solo il sesso (con i suoi alti e bassi, ma sempre irriverente) ad alimentare un legame coniugale privo di vero dialogo (come riconosce ‘Civiltà Cattolica’), e non una sia pur minima convergenza di scelte ideali ed etiche?
Che esempio cristiano fornisce infatti un padre che fa tutto il contrario di ciò che vuole la moglie? che ride orgoglioso delle malefatte del figlio? che si risente delle ‘sante’ critiche della figlia? Che esempio edificante può fornire una famiglia che ha «escluso e screditato», confinandolo in un ospizio, il vecchio padre? nella quale la piccola Maggie «viene lasciata o dimenticata per ore davanti alla tv perché tutti possano stare tranquilli»?
L’autore di questo articolo sembra avere in effetti ben poca confidenza con i Simpson, e dà l’impressione di volere concedere fin troppo ad un arduo compromesso con un mondo che bada solo alla piatta quotidianità, senza alcuna soprastruttura metafisica. Su Homer, personaggio chiave della serie, egli la pensa in definitiva così: «Il suo modo disordinato di mangiare e di bere è provocatorio, così come può rendere perplessi l'unico grande desiderio della sua vita, quello di vedere la tv. Per questi motivi è spesso nauseato e schiavo, ripete i luoghi comuni che ascolta, e consuma ciò che la pubblicità gli comanda. Eppure è stato votato dai telespettatori bambini come padre ideale per due ragioni: rimane in famiglia ed è simpatico». Che sia un pregio, obiettiamo, avere costruito una famiglia solidale ma senza veri contenuti? e poi, ai bambini non è simpatico qualunque mostriciattolo, perfino il più distruttivo nei videogiochi?
Ma spingiamoci più in là, scorrendo l’articolo. E la fede? e Dio? «I Simpsons rimangono tra i pochi programmi tv per ragazzi in cui la fede cristiana, la religione e la domanda su Dio sono temi ricorrenti. La famiglia recita le preghiere prima dei pasti e, a modo suo, crede nell'aldilà.»
Da non credere! Forse l’autore ha letteralmente sognato un altro cartone! Nei ‘veri’ Simpson la fede è al più ridotta ad una favoletta (buona all’occasione per giustifiucare qualcosa d’altro); al massimo ad una passeggiata (con conseguenti distrazioni o dormite) in chiesa. Nessun argomento della teologia cattolica viene infatti mai discusso (mai citati o trattati, ad esempio: la madonna, la comunione, la confessione, etc; mai visto alcun passaggio della messa, a parte le sgangherate prediche del reverendo Lovejoy); mai accennato alcun argomento di fede, in quanto tale (il peccato, le virtù teologali, i vizi capitali, etc…). La presunta religiosità dei Simpson, come ben chiaro, è solo il cinico rituale domenicale di una società conformista, importante quanto una riunione al bar.
Di fronte all’evidenza, ‘Civiltà Cattolica’ pretende invece di dimostrare che la critica di Matt Groening e colaboratori sia rivolta più agli uomini di chiesa che alla religione in sé, e che nei Simpson «il rapporto con Dio è trasmesso più dalla famiglia che attraverso la mediazione degli uomini delle istituzioni religiose. La forte critica infatti più che coinvolgere le varie Confessioni cristiane travolge le testimonianze e la credibilità di alcuni uomini di chiesa» e che «al reverendo Lovejoy sembra conti di più il riconoscimento sociale che la vita spirituale dei suoi fedeli».
Ma qui veniano ad una delle poche serie critiche al cartoon, che indugia molto sulla inettitudine e sulle strambe strategie di questo pretucolo senza troppi ideali: «il lassismo e il disinteresse che emergono rischiano di educare ancora di più i giovani a un rapporto privatistico con Dio.» Che dire infatti della ironia dello stesso reverendo, quando afferma, a proposito di una setta concorrente: «Questa cosiddetta nuova religione non è altro che una marea di riti bizzarri e salmodie escogitati per estorcere denaro agli ingenui. Procediamo alla preghiera del Signore quaranta volte. Ma prima, passerà il piatto della colletta»? Non ce n’è abastanza per capire come la critica sia rivolta proprio alla religione che ‘Civiltà Cattolica’ vuole difendere?
Per chiudere il quadro, veniano a Ned Flander, l’unico ‘vero’ uomo di chiesa dei Simpon; ma il cui genere di vita ed i cui valori, paradossalmente, non sembrano per nulla apprezzati dai cattolici: «Invece di considerare il tempo come un dono di Dio da vivere attraverso la preghiera e il servizio agli altri, Ned vive la sua quotidianità come il luogo della conquista della salvezza che si ottiene compiendo le norme e i precetti biblici. Il suo modo eccentrico emerge in più occasioni […] La figura di Ned, a causa della sua esagerata religiosità, è diventata un caso di studio sociologico». Quanto sarebbe piaciuto costui, dobbiamo chiederci, a qualche papa e a molti santi anche del recente passato! ed ora invece, messo in berlina dalle ‘aperture’ dei gesuiti!
Tiriamo le somme. Da un lato c’è una chiara preoccupazione: «fondata sulla paura che un linguaggio crudo e spesso volgare, la violenza di certi episodi o le scelte estreme di certe sceneggiature influenzino il comportamento dei loro figli»; dall’altro «il realismo dei testi e degli episodi potrebbe essere l'occasione per vedere alcune puntate insieme, e coglierne gli spunti per dialogare sulla vita familiare, scolastica, di coppia, sociale e politica. Solamente in questo modo sarà possibile comprendere il linguaggio dei Simpson, il loro contesto, la loro cultura e le domande di senso che ogni puntata pone». Se, da una parte, sul volto dei Simposn «è impresso lo smarrimento dell'uomo contemporaneo e i condizionamenti a cui è sottoposto», dall’altra «la famiglia sembra essere l'unico rifugio». Confesso di non vedere in nessuno dei Simpson alcuno “smarrimento” esistenziale; ma solo un caotico e per nulla sofferto anarchismo, che guarda solo all’utile personale ed all’oggi, e perfino senza alcun propensione per l’altro e per il bene sociale (a parte i valori tutti laici di Lisa, e lo scialbo conformismo di Marge).
Prosegue ‘Civiltà Cattolica’: «La dimensione del tempo che passa, le scelte da compiere nella storia, l'uso delle nuove tecnologie, la dimensione della malattia e della morte, non sono quasi mai temi trattati. Invece, se si vuole parlare della realtà e dell'umanità che l'uomo condivide, questi temi andrebbero seriamente affrontati dagli autori. Infine è vero che gli episodi pongono più enfasi sulla religione come istituzione che sulla vita di fede intesa come sequela di Cristo fatta di preghiera e aiuto al prossimo.» Benedetto articolista! Non ce n’è allora forse abbastanza per parlare male dei Simpson, almeno dal punto di vista della religione e della religiosità? Eh no! «Anche nei Simpson ci sembrano nascosti alcuni spunti che si trovano pure nel Vangelo, come quando Bart afferma: “Per poter salvare me stesso devo salvare gli altri”. Basterebbe che i milioni di ragazzi che ogni giorno seguono la serie interiorizzassero questo insegnamento per sperare in un mondo migliore.»
A me sembra più che evidente come Bart non alludesse certo alla ‘salvezza’ predicata in chiesa. Ma tant’è; pro bon fidei!
[1] Francesco Occhetta: I «Simpson» e la religione. Civiltà Cattolica. Quaderno 3848, 16 ottobre 2010, pp. 140-149
[2] Luca M. Possati: Homer e Bart sono cattolici. L'Osservatore Romano, 17 ottobre 2010