Apparizioni televisive

di Francesco D’Alpa  (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)

Secondo il Catechismo di Pio X, Dio, che “non ha corpo come noi, ma è purissimo spirito […] è in cielo, in terra e in ogni luogo”. Sui moderni media, squisitamente immateriali (a loro modo dunque ‘spirituali’), questo dio soffre una imbarazzante concorrenza in famiglia: quella della Madonna, non semplice ‘mediatrice’, quale la vorrebbe la teologia, ma autentica prima donna (e dea pagana), e quella di tale padre Pio, quarta persona di una trinità allargata.

Che succede in RAI? La programmazione di argomento religioso (di fatto pressoché esclusivamente cattolica) può essere grossolanamente suddivisa, a mio parere, in due principali blocchi, impropriamente complementari. Da un lato c’è la struttura di RAI-Vaticano che di fatto produce programmi secondo le esigenze (o le richieste?) della Chiesa ed in perfetta sintonia con le direttive vaticane (vedi ad esempio il domenicale “A sua immagine”); che presenzia alle cerimonie ufficiali ed ai grandi eventi della cattolicità; con solo sporadiche e caute escursioni fuori dai confini della più stretta ortodossia (ad esempio i servizi su fenomeni religiosi non ancora approvati); che in linea di principio, ed in ossequio ad una presunta ‘verità’ della dottrina cattolica, non da alcuno spazio alle argomentazioni in fumo di eresia o antireligiose ed ai suoi promotori, né (se non in subordine) alle voci contrarie alle posizioni della chiesa sugli argomenti caldi in ambito sociale o di bioetica. Dall’altro lato, ed al di fuori dalla struttura di RAI-Vaticano, la RAI ‘generalista’ si occupa intensamente e frequentemente di tutto ciò che è parte della religiosità comune, popolare, che sia o no gradita alle gerarchie cattoliche. Questa ‘diversa’ TV religiosa nazional-popolare, orientata essenzialmente all’audience, non guarda alla qualità ma al folklore, ed esalta tutto ciò che viene dalla base, dai singoli fedeli, quand’anche fosse teologicamente scorretto o inopportuno, ma purché ‘cristiano’. Caratteristiche distintive di questa TV sono la presenza crescente del miracolismo e l’esibizione iterativa dei suoi testimonial, in contrasto con l’eclissarsi degli spazi offerti alla pura dottrina ed ella catechesi. Passato il tempo dei telepredicatori prima,  delle suorine e dei preti di periferia poi (qualche decennio fa), ora il testimonial ideale è l’uomo di spettacolo dal passato non irreprensibile (ad esempio per problemi di sesso, droga, gioco) inopinatamente convertitosi alla fede dopo un fatale incontro con la madonna, solitamente a Medjugorje.

La religione in RAI non è mai stato un argomento come altri, sul quale si possa discutere e dissentire (come accade per altre tematiche), ma un corpus da difendere; in linea con chi sostiene (come ha sempre fatto e fa Ratzinger-Benedetto XVI) che “solo la chiesa ha la verità”. In tal senso la prima linea di difesa è non dare spazio alla diversità interna alla chiesa; la seconda non dare spazio alle visioni ‘diverse’ del mondo. Con una eccezione: la nota di colore, o la bizzarria, non apertamente in contrasto con la credenza.  Se qualche dubbio può essere (forse) venuto ai responsabili dei palinsesti nel propalare al volgo credulo le sciocchezze alla Voyager, nessun dubbio, ne siamo certi, è infatti mai sorto loro, probabilmente, riguardo allo sciocchezzario mariano, che trasuda sia dai programmi pomeridiano-generalisti a beneficio delle massaie e dei pensionati, che dalle apparentemente più serie inchieste della fascia serale.

Alla madre di Gesù, ed alle sue immaginarie versioni (o multipli) è dedicata gran parte della programmazione televisiva di mamma RAI: la sola che qui ci interessa, in quanto pubblica.

Il clamore in questi casi è tutto per la madonna di Medjugorje (o di Fatima, o di Lourdes: che non è lo stesso!) e non per la donna Maria di Nazareth, madre del dio incarnato. La madonna televisiva non ha spessore teologico; è nodo di affetti, di sentimenti, di proiezioni sull’aldiquà: le si chiedono miracoli (o ‘grazie spirituali’), non il paradiso. Non si va a Dio per la via della madonna, ma alla madonna (e quasi solo a lei) per la via della presunta miracolistica di Medjugorje (o di altri luoghi mariani): non ‘totus tuus’ verso Dio padre, ma tutto in lei e per lei, solo in lei e per lei, dea femminile del pantheon pagano spodestata ad Efeso e rivestita con i panni della nuova religione imperiale.

Immersi nel fervore mariano, il massimo dello sforzo dialettico degli affabulatori televisivi (in particolare di quelli della fascia pomeridiana) è chiedersi se la madonna sia davvero apparsa in questo o quell’altro luogo, e non se la madonna realmente appaia (o possa apparire), o se sia attribuibile a lei questo o quel prodigio o miracolo (non se sia davvero accaduto un prodigio o miracolo); e in ultimo chi fosse realmente la madonna. Di fatto viene quasi sempre da domandarsi se questi presentatori siano ‘parziali’ o non piuttosto improvvidamente sprovvisti di capacità critiche (spesso anche di senso comune), per non dire di peggio. Ma quanto conta la ricerca dell’audience? Quanto il banale adeguamento ad una bizzarra idea di religiosità? E quanto invece tutto ciò è funzionale ad una rappresentazione comunquesia religiosa (ma secondo la prospettiva normante del cristianesimo) della realtà?

Senza perderci in analisi sociologiche, è proponibile una ragionevole chiave di lettura di questa marianizzazione televisiva? Prendo lo spunto da una bella riflessione di Sergio Romano (Corriere della Sera, 23 gennaio 2012), secondo il quale fra le notizie sopravvalutate dai media ci sono quelle sulle apparizioni ed esternazioni papali, che servono più a dare continua prove dell’esistenza del papa che non a fornire vere ‘notizie’, ovvero novità in casa papale. Forse è proprio questa (involontariamente) la funzione della spazzatura mariana in TV, condire in salsa nuova, facilmente appetibile, ciò che per la sua costanza e ripetitività ha perso di interesse e gusto.

In prospettiva sociologica, la promozione della religione (o anche la semplice presentazione di un mondo apparentemente permeato ‘positivamente’ dalla religione) sembra neutralizzare, agli occhi del mondo cattolico, la negatività del medium acculturante (Benedetto XVI ha ripetutamente denunciato, anche recentemente, il “potere del male in finanza e media”) , contro il quale si lanciano periodicamente gli strali dei predicatori. Se proporre al giovane teleconsumatore una visione laica e pluralista del mondo è censurato come comportamento diseducativo, non sembra lo sia allo stesso modo proporre in TV (come si è fatto recentemente) le bizzarrie della Bibbia durate una inconcludente maratona televisiva. Non lo sarebbe proporre fiction con protagonisti in tonaca; non lo sarebbe pubblicizzare conversioni on line, rosari su facebook, indulgenze via Ipod, e così via. Per la Chiesa è ‘male’ se l’educazione dei giovani la fa la TV, ma sono proprio i canali religiosi satellitari a bombardarli a senso unico (presenti o no gli educatori). Non è un fatto nuovo: anche la stampa a suo tempo era demonizzata, prima che le pubblicazioni a carattere religioso invadessero librerie ed edicole.

Il peggio la RAI lo propone, e non a caso, nelle trasmissioni mattutine e pomeridiane, come alternativa alle TV locali infarcite di ‘messaggi promozionali’, realizzando anch’essa spot promozionali della religione (e soprattutto del culto mariano). Ma l’idea religiosa fa capolino, ancora più capziosamente, nei telegiornali, in questo caso a testimonianza dell’importanza del sacro e dei simboli religiosi. Se per molti politici e uomini di spettacolo è consueto avere ben inquadrato alle proprie spalle un crocifisso, madonnine e croci abbondano sui luoghi di calamità naturali: dalla grande croce del duomo di Haiti, superstite del terrificante terremoto, a quella più piccola non toccata dalla frana di Giampilieri, alla madonnina di Fatima sopravvissuta ultimamente al naufragio della nave Concordia).

Un segno dei tempi, indubbiamente, un livellamento dello schema espositivo che dovrebbe imbarazzare non poco il clero.