Per una storiografia non confessionale

di Francesco D’Alpa  Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

Fra i tanti anniversari celebrati in questo 2017, ho avuto modo di segnalare in un mio passato editoriale (L’ATEO, 1/2017) quello centenario delle cosiddette ‘apparizioni mariane di Fatima’ (13 maggio-13 ottobre 1917), pur prevedendo la stupita reazione di molti lettori: che ce ne importa a noi atei di queste bufale clericali?

A mio parere ce ne importa, eccome; per come ne accenno in questo numero dell’ATEO che vuole celebrare la nascita (e ancor più la ‘sopravvivenza’ trentennale!) di una associazione che elenca fra i suoi valori la razionalità ed il metodo scientifico, e fra i suoi scopi la valorizzazione delle concezioni del mondo razionali e non religiose (e non può dunque non contrapporsi alle concezioni del mondo irrazionali e religiose).

Ebbene, fra le concezioni religiose del mondo ha indubbio rilievo l’idea cattolica che Dio guidi (di sua iniziativa, o accogliendo una preghiera) la storia (sia che si tratti di grandi che di piccoli eventi: vedi il classico ‘non muove foglia che Dio non voglia’) e che intervenga su di essa di prima mano, o per interposta persona (con la madonna, gli angeli, i profeti). Se ci si riflette un poco, è facile comprendere come questa idea riesca a condizionare sia comportamenti individuali (chiedere una grazia personale) che collettivi (pregare per la pace, per una vittoria militare…).

Ma qui desidero porre in evidenza un altro aspetto: l’ambiguità clericale con i suoi contorsionismi dialettici, e la irresponsabile connivenza di una certa storiografia ben poco neutrale. Il caso Fatima me ne offre l’occasione.

Cosa è successo a Fatima? Lo si potrebbe riassumere in poche parole: nel 1917 tre pastorelli affermano di incontrare la Madonna, che li invita a pregare e sacrificarsi per i peccatori; nel 1941 l’unica sopravvissuta sostiene post-eventum che la Madonna aveva proofetizzat già in quel 1917 l’inizio di una nuova guerra mondiale e che il comunismo sarebbe stato il flagello atto a punire una umanità peccatrice.

In un breve articolo non è possibile scendere in particolari che ho ampiamente analizzato altrove [1, 2], e dunque tralascio. Guardiamo piuttosto alle sequele di questa ‘fake’ ante-litteram, ed alle diverse letture, contrastanti perfino in ambito credente.

In linea di massima, dovrebbe bastare un accenno all’atteggiamento dei papi: davvero il ‘felicemente regnante’ Bergoglio, figlio (suo malgrado?) di un secolo razionalista, è incantato dalla favoletta apparizionaria da lui solennemente celebrata a Fatima? Personalmente non lo credo per nulla (mi piacerebbe porgli direttamente la domanda, da uomo ad uomo!). Ma, purtroppo (e qui mi riferisco a quella parte di ‘credenti’ che a queste cose non credono), nell’accettare il seggio di Pietro ha dovuto sobbarcarsi il peso di tutto il ‘portafoglio’ delle patacche clericali, e non può sottrarsi dal propalarle ad una platea ampiamente ricettiva, come il più classico spacciatore di ‘derivati’ finanziari. Dei papi che l’anno preceduto non hanno certamente brillato in quanto a coerenza Giovanni XXIII (che probabilmente non credeva affatto in Fatima), e Paolo VI (che rifiutò di pubblicare il famoso infantile ‘Terzo segreto’): entrambi comunque si sono dimostrati ben lontani dall’ammettere l’impostura e smentire dunque i papi che li avevano preceduti). Sul fronte opposto, Pio XII e Giovanni Paolo II, entrambi proclamati (e soprattutto: autoproclamatisi) ‘papi di Fatima’, hanno fatto di Fatima il cosiddetto ‘altare del mondo’, ricollegando ad essa tutte le trame della storia del ventesimo secolo.

Come ho già premesso, la cosa potrebbe interessare poco o nulla ai non credenti (in questo caso, più propriamente, ‘i non creduloni’) se non fosse che la moneta falsa clericale batte fin troppo cassa anche nei media, con in prima file (è triste constatarlo) mamma Rai, che alle rivisitazioni clericali della storia dedica non poche trasmissioni; prima fra tutte ‘La grande storia’, che periodicamente (l’ultima volta è stata giusto il 28 luglio di quest’anno) torna acriticamente sull’argomento Fatima (o in alternativa Medjugorje), attribuendogli un’importanza storica (laddove in buona parte è solo folkloristica), dando poco o nessuno spazio a voci legittimamente critiche.

Ma torniamo alla lettura clericale della storia, al Dio che la dirige e volge ai suoi fini. Caratteristica eclatante del discorso clericale è il mantra dei ‘fini’, sempre valutati a posteriori: che l’evento si verifichi o non si verifichi, che proceda in una direzione o nel suo opposto, è sempre Dio ad aver voluto così, per fini manifesti od occulti. Nel caso di Fatima, la caduta del muro di Berlino sarebbe avvenuta grazie ad un atto pubblico di consacrazione al ‘Cuore immacolato di Maria’, salvo poi contestare la sua validità di fronte alle successive catastrofi occorse sul finire del secolo. Ancor peggio, nello spirito originario di Fatima, la seconda guerra mondiale sarebbe iniziata per colpa della Russia, salvo affermare poi che ne fu colpevole il nazismo, in quanto rinnegatore di Dio, ma sulla scia (quasi un’involontaria alleanza!) dell’ateismo sovietico.

Ovviamente non tutti i cattolici sono d’accordo su ciò; in molti nel loro privato contestano Fatima ed altre apparizioni similari; ma manca indubbiamente in loro il coraggio di andare oltre, ‘rottamando’ tutto ciò che è ‘medievale’; forse perché in qualche modo coscienti del fatto che di rottamazione in rottamazione, alla ‘fede’ resterebbe ben poco di credibile.

Ma che comunque i cattolici più ‘seri’ ed altolocati, alla fine, credano poco o nulla all’intervento di Dio nella storia (o perlomeno, in questo caso, all’intervento della Madonna di Fatima nei fatti del ventesimo secolo) è dimostrato dalla totale mancanza di citazioni in proposito nei documenti ufficiali della diplomazia vaticana. Ne danno conferma, ad esempio, le memorie del cardinale Casaroli [3] sui rapporti fra papato e paesi comunisti dall’immediato dopoguerra alla disgregazione dell’URSS; in esse non è mai citato alcunché di Fatima, a dispetto della enorme pubblicistica cattolica su questo tema nello stesso periodo. Una prova evidente della scollatura (di cui le ipocrite gerarchie vaticane non si vergognano per nulla) fra catechesi per il popolino e real-politik.

Eppure, se andiamo indietro nel tempo, per decenni, le cose erano andate ben diversamente. Fatima è servita non poco al cattolicesimo, ideale condiviso humus fra potere ecclesiale e potere politico (sempre e solo fascista). Questo è quanto occorrerebbe raccontare nei programmi televisivi, per capire non come Dio guidi la storia, ma come Dio può servire a padroneggiare la storia, senza scrupoli, oggi come ieri.

Nel 1917 il Portogallo è da decenni teatro di scontri sanguinosi fra forze clericali e anticlericali. Le apparizioni di Fatima sono propizie a sostenere la causa degli antirepubblicani, che presto riprendono il potere ripristinando quei ‘valori di nazione cristiana’, poi inglobati fra il 1928 ed il 1933 nello ‘Estado Novo’ clerico-fascista di Salazar, un dittatore che, pur non del tutto favorevole al clero, del supporto clericale e della programmatica adesione al messaggio anticomunista di Fatima fa la propria bandiera (seguito poi a ruota da Francisco Franco, il cui interessato omaggio alla Madonna di Fatima fu particolarmente eclatante).

A seconda guerra mondiale inoltrata il messaggio di Fatima prende inaspettato vigore dopo la pubblicazione delle nuove farneticazioni anticomuniste della sopravvivente veggente (il cosiddetto ‘Secondo segreto’). Il primo a guidare la marcia anticomunista è l’arcivescovo di Milano, cardinale Ildefonso Schuster, assai vicino (se non colluso) con le alte gerarche fasciste (non a caso cercò strenuamente di patteggiare un salvacondotto per Mussolini) e naziste; ma è sotto il ‘regno’ di Pio XII che la crociata anticomunista (sotto le insegne della ‘madonna pellegrina’ di Fatima) diviene ubiquitaria ed assillante.

Nel dopo Concilio le ‘richieste del cielo’ recapitate in ‘visione’ alla di fatto reclusa veggente Lucia trovano sempre meno spazio nella politica (e sempre minori corrispondenze nella ‘grande’ storia: sono caduti i regimi nazi-fascisti, avanza la decolonizzazione dell’Africa, la società conosce nuove libertà…). La riflessione ‘storica’ su Fatima (ovvero il suo utilizzo strumentale) hanno sempre minore rilievo e visibilità nel mondo cattolico (salvo frange estremiste, quali ad esempio il movimento sudamericano Tradizione-Famiglia-Proprietà). La lettura fatimista della storia si stempera, sopravanzata da una lettura strettamente teologica, terreno di accesi scontri fra pubblicisti e tifosi dell’una o dell'altra madonna; ma di ciò a noi ben poco importa.

Ciò che ci deve importare è il come ed il perché si parli tanto di tutto ciò, di questi ‘non avvenimenti’, di come li si tratti alla pari di fatti storici reali; di come tutto ciò serva a dare prestigio alla Chiesa ed ai suoi uomini.  Ci sono voluti secoli perché i cattolici ammettessero che la ‘donazione di Costantino’ è un falso, e vorrei potere contare quanti giurerebbero oggi sulla comparsa in cielo del celebre ‘in hoc signo vinces’, citato in tutti i testi scolastici. Due casi emblematici ‘vincenti’ di utilizzo strumentale di una invenzione storica, come lo sarà secoli dopo il presunto ‘supporto’ divino alle flotte cristiane nel mare di Lepanto.

Giorno verrà che il grande pubblico guarderà a queste vicende (o presunte tali) come a delle favole, trattandole con lo stesso distacco che oggi si prova per le diatribe fra gli dei omerici circa le sorti di Ulisse? Dobbiamo sperarlo; e l’UAAR non tralasci di contribuire a questo processo!

 

[1] D’Alpa F. : Fatima senza segreti. Avverbi, 2003

[2] D’Alpa F.: Fatima critica. Laiko.it, 2007

[3] Casaroli A.: Il martirio della pazienza. Einaudi, 2000