BOX

Religione e oscurantismo

a cura di Francesco D'Alpa

Pubblicato su L'ATEO numero 1/2015

La rivendicazione del primato del pensiero cristiano fra gli uomini di scienza è particolarmente in auge nell’apologetica anti-positivista, secondo la quale lontano da Dio non può esservi vera scienza ed i migliori scienziati non solo sono credenti, ma impregnano della fede e dei suoi misteri la propria ricerca. Nel brano qui riprodotto, che ne è un esempio tipico, le affermazioni retoriche non trovano peraltro neanche riscontro negli esempi citati: basti pensare a come Mendel abbia attinto a piene mani nel trasformismo e nel darwinismo, a come Copernico abbia stravolto la cosmologia biblica, o a come Cuvier abbia fantasticato su improbabili catastrofi geologiche pur di salvare il racconto della creazione.  [FD]


 E. Lenain, La religione e l’oscurantismo (Revue d’apologetique, T.II, n. 140, 15 luglio 1911)

«L’ignoranza degli uomini è il patrimonio dei preti». Questo aforisma di un professore dell’Università [ndr: Felix Le Dantec (1904), Les influences ancestrales, p. 149] ricorda quello del celebre Merizot: «Quelli che credono in Dio sono degli imbecilli». Questi spiriti superiori, che hanno spezzato il gioco umiliante delle servitù ancestrali, ritengono che i preti speculino sulla credulità e bestialità umana. Così poco lusinghieri verso i preti così come verso coloro che sono tanto ingenui da creder loro, questo giudizio, grazie a Dio, non è irriformabile. Ben lungi dall’essere fattore di oscurantismo, i preti cattolici sono convinti che la religione non potrebbe che favorire i progressi delle scienze. La Chiesa non è stata forse per lunghi secoli l‘istitutrice dell’Europa? Ed ai nostri giorni non continua forse a diffondere tanto la verità religiosa quanto la verità scientifica in migliaia di scuole? Quanti fra i nomi importanti nella storia della scienza appartengono alla chiesa! Il canonico Copernico merita d’esser messo nel novero dei fondatori dell’astronomia moderna. Il vescovo svedese Stenone si è distinto per i suoi sapienti studi di anatomia umana. Un monaco austriaco, Gregor Mendel, ha aperto la strada alla biologia. Non è stato forse un gesuita, padre Wassmann, a rispondere vittoriosamente alle tesi materialiste del famoso Haeckel? Coloro che si interessano ai movimenti intellettuali della nostra epoca sanno che i preti occupano un posto onorevole nel mondo che pensa, sia all’Accademia, sia all’istituto, sia nelle nostre facoltà e collegi cattolici. Ogni anno il nostro clero ottiene una larga parte delle ricompense che elargiscono le società dei sapienti. Gli uomini di buona fede che leggono le nostre riviste, che assistono ai nostri congressi ed alle nostre settimane sociali, che conoscono le nostre opere di apologetica, che ascoltano le nostre conferenze, ci renderanno testimonianza che non abbiamo per nulla paura della luce e che non ci accontentiamo di quello che si è chiamato la fede del carbone. Se i preti non avessero altri mezzi per diffondere la fede che non la loro pretesa abilità a ingannare gli ignoranti e gli sciocchi, come si spiegherebbe che una folla di sapienti e di spiriti che si distinguono per la loro alta cultura abbiano accettato senza riserve l’insegnamento integrale della fede? I Pascal, i Cuvier, gli Ampère, i Verrier, i Secchi, i Pasteur, gli Hermitte, gli Hertz, i de Lapparent, i Bruhnes, gli Ollé-Laprune, i Brunetière, e tanti altri avrebbero potuto firmare queste righe che Cauchy scriveva nel 1844, all’inizio delle sue ‘Considerazioni sugli ordini religiosi’ indirizzate agli amici delle scienze: «Le mie convinzioni sono il risultato, non dei pregiudizi di nascita, ma di un esame approfondito». Lo stesso sapiente aggiungeva che le verità religiose erano più incontestabili ai suoi occhi che il quadrato dell’ipotenusa o il teorema di Maclaurin.

Dire che «l’ignoranza degli uomini è il patrimonio dei preti» è avanzare una asserzione alla quale la storia infligge la più formale smentita, ed è anche fare ingiuria ai sapienti cattolici che direbbero volentieri con il nostro Pasteur: «Quando si è ben studiato, si torna alla fede del paesano bretone, e, se io avessi studiato ancor più, avrei la fede della paesana bretone». Ai nostri giorni, come ai tempi di Bacone, se un poco di scienza allontana da Dio, molta scienza vi ci avvicina.