Lo stato di salute naturale

Una delle accuse mosse più frequentemente alla medicina scientifica è quella di non avere come traguardo il raggiungimento ed il mantenimento dello "stato di salute" dell'individuo.
Occorre allora innanzitutto definire cosa si intende come tale e quale sia effettivamente il fine delle diverse pratiche mediche.
A lungo si è definito come stato di salute la "normalità funzionale degli organi". Fino a metà novecento circa, essendo la pratica medica dominata dalle malattie infettive, poteva essere considerato sano soprattutto chi non ne era affetto. Conseguentemente la pratica medica era caratterizzata soprattutto dalla lotta contro le malattie infettive acute e subacute ("strategia dell'emergenza"). Il cambio di scenario avvenuto con la diffusione di antibiotici e vaccini ha portato in seguito ad una netta prevalenza delle patologie cronico-degenarative, e dunque ha posto in primo piano la necessità di una loro adeguata prevenzione ("strategia della sorveglianza"). Il concetto di salute, grazie al sempre maggiore benessere fisico e psichico (mai giunto, prima di ora, ad un tale livello) si è nel contempo ampliato, fino ad indicare oggi, per alcuni, "non […] solo assenza di malattia, ma anche ricerca del benessere fisico, psicologico e sociale fino al più ampio concetto di qualità della vita [per cui] gli italiani sembrano prediligere una visione edonista ed efficientista della salute: il sentirsi in forma e quindi essere in grado di svolgere le normali attività o il generico sentirsi bene rappresentano l'essenza stessa della salute". In pratica, il concetto di salute si sarebbe nel tempo ampliato, fino ad includere aspetti che sono chiaramente al di fuori degli interessi della medicina pratica, quali la bellezza corporea e l'efficienza fisica; in ultimo, il concetto di salute arriva ad includere anche quella spirituale, cioè il completo benessere fisico, mentale, sessuale, spirituale e relazionale dell'uomo nel suo usuale ambiente di vita. Vengono così legittimati dei nuovi bisogni, quali il rispetto per la propria sensibilità e la ricerca di un buon feeling interpersonale sociale, quelle cose cioè che l'utente tradizionalmente non trova nella medicina scientifica ma che sono invece in primo piano nel rapporto terapeuta-paziente con i medici alternativi.
Il concetto di "salute ottimale" o di "alto livello di benessere", promosso dagli alternativi, va infatti oltre il normale sentirsi bene e l'assenza di sintomi patologici. Interpretato in senso promozionale, può in qualche modo essere riassunto in alcune asserzioni: c'è qualche cosa (a) che tu puoi ottenere, (b) che solo chi pratica una certa disciplina ti può dare, (c) che i medici non conoscono e non vogliono conoscere. In pratica, queste affermazioni vengono ampiamente adoperate per promuovere prodotti non necessari, metodi e servizi di dubbia utilità, per raggiungere obiettivi (reali o ipotetici) tradizionalmente non previsti dalla pratica medica.
A queste affermazioni ed aspirazioni si può contestare che per la maggior parte di noi non esiste uno stato di salute ottimale, ma piuttosto uno stato intermedio di assenza di sintomi dal quale possiamo scostarci andando sia verso un maggiore che verso un minore benessere; dunque la proposizione di una via verso il raggiungimento di un ipotetico ideale stato di salute ottimale non fa che indurre un nuovo bisogno.
È un dato di fatto che le richieste nel campo della salute molto spesso risiedono ad un livello un poco differente rispetto a quello considerato dalla medicina scientifica; sono bisogni psicologici e spirituali, speranze. A questi siamo abituati a rispondere tradizionalmente con attività sociali, con i rapporti di amicizia e di amore, con la preghiera, con le arti, impegnandoci nel lavoro; ma senza pensare che questo tipo di risposte facciano in alcun modo parte della medicina, né che occorra asserirne l'efficacia. In pratica si finisce per spostare i termini del problema: non più come mantenere la salute e guarire dalle malattie, ma genericamente "come vivere meglio". Ma la medicina pratica non è deputata a rispondere ad una pretesa dei nostri tempi, quella di dare una risposta efficiente e soddisfacente ad ogni richiesta dell'uomo moderno; non può essere la panacea di tutto per tutti.

Francesco D'Alpa

Pubblicato su www.cicap.it

Riferimento bibliografico:
Beccaria F.: Pubblicità e salute. Il ruolo della pubblicità nella costruzione sociale della salute. Professione. Sanità Pubblica e Medicina Pratica, Febbraio 2001, pp. 7-14